Giustizia, questa sconosciuta. Non bastavano i bavagli, le prevaricazioni, le sopraffazioni, le vessazioni sul grande tema della libertà di stampa e dell'informazione ai tempi di Facebook e Twitter . Adesso i giornalisti vengono condannati anche per non aver letto i necrologi. La fantagiustizia di casa nostra non ha più confini. Succede, dunque, che il tribunale di Bologna abbia affibbiato otto mesi di carcere a Pierluigi Visci (ovviamente con sospensione della pena) ex direttore di Qn e Il Resto del Carlino , storico quotidiano di Bologna. Per il giudice, Visci, che ha lasciato la guida dei due quotidiani nel dicembre 2011, sarebbe colpevole di non aver controllato il contenuto diffamatorio di un necrologio uscito in una delle sue edizioni.
Il necrologio recitava così: «Ti raccomandiamo, Signore, l'anima fedele del nostro fratello... perché lasciato questo mondo, viva in te. Nella tua clemenza cancella le spietate barbarie, le grandi e crudeli cattiverie contro persone deboli che non si potevano difendere, che ha commesso per la fragilità della condizione umana e concedigli il perdono e la pace». A dettare il testo, che certo non spiccava come esempio di carità cristiana, era stato l'ex marito della figlia del defunto, un noto medico bolognese morto a 88 anni pochi giorni prima del Natale 2009. Subito dopo la sua pubblicazione del necrologio scattano le querele della famiglia del medico. L'ex genero che probabilmente covava qualche leggera ripicca nei confronti della ex moglie, è stato condannato, in via definitiva per diffamazione, a un anno di reclusione. Lui si giustifica: «Il significato di quelle parole andava letto nel contesto di una preghiera, in cui si chiedeva il perdono per il defunto. Sono stupito per la condanna». Ma più che lui ad essere veramente stupito è il direttore del Carlino ritenuto egualmente responsabile di quelle parole insieme a un dirigente della concessionaria di pubblicità che però, a differenza di Visci, è stato assolto.
Un nome, in tutta questa assurda storia, va tenuto a mente: Milena Melloni. È il giudice che ha elaborato, dopo sei anni, la surreale sentenza. Una condanna che conquista diversi record: primo caso in Italia di condanna di un giornalista per non aver letto un necrologio. Secondo il giudice Melloni il direttore di due quotidiani dovrebbe spendere di più il suo tempo per leggere tutti i necrologi di tutte le edizioni locali dei suoi giornali alla ricerca di eventuali frasi diffamatorie per i defunti. Primo posto anche per la rigorosità della decisione. Secondo il giudice Melloni un direttore di due quotidiani che non controlla a dovere anche i contenuti dei necrologi che pubblica si merita ben otto mesi di carcere. Pena che ormai non viene inflitta più nemmeno a spacciatori, ladri o corrotti. «Il direttore di un giornale non è responsabile penalmente sempre e comunque - spiega il legale della Poligrafici Editoriale, Filippo Sgubbi -, ma soltanto se è in colpa: ma non c'è colpa se non c'è prevedibilità, e onestamente è difficile immaginare che un necrologio possa essere diffamatorio».
A ottobre il Senato ha votato sì
all'eliminazione del carcere per i giornalisti (il provvedimento ora è fermo alla Camera) sostituendolo con una pena pecuniaria fino a 50mila euro. Ma, evidentemente, per qualche giudice questo passaggio non conta nulla.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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