Di certo c'è che venticinque persone sono rimaste bloccate all'interno di un campo per ore, mentre fuori c'erano bancali in fiamme e uscite sbarrate. E ora sull'inferno di Conetta si indaga. Gli inquirenti, coordinati dal sostituto procuratore Lucia D' Alessandro, dalla Digos e dal reparto operativo provinciale dei carabinieri di Venezia, stanno setacciando tutte le riprese video e le immagini scattate tra lunedì e martedì durante la rivolta nell'ex base missilistica di Conetta, che fino a due giorni fa ospitava quasi 1.500 richiedenti asilo. Ora cento di questi sono stati trasferiti in Emilia Romagna. Una rivolta scoppiata dopo la morte della venticinquenne ivoriana Sandrine Bakayoko. E ora i ribelli, i capi della rivolta, parrebbero avere le ore contate. Una ventina i soggetti a rischio. Fra le accuse possibili rientrano quelle di violenza privata, danneggiamento e resistenza. Spetterà all'autorità giudiziaria, sulla base delle relazioni fornite dagli inquirenti, formulare le imputazioni. Questo avverrà una volta compiuti gli accertamenti e una volta ricostruita la dinamica dei fatti. Ma se fin dall'inizio si era parlato di indagini per probabile sequestro di persona, ora l'ipotesi seppur tentennando, non è così scontata. Le ipotesi sono tutte al vaglio, fanno sapere. Chiaro è che ci sono delle persone rimaste bloccate all'interno del campo. Infatti.
Ripercorriamo la giornata di lunedì 2 gennaio: Sandrine Bakayoko viene trovata senza vita all'interno del bagno del centro. Alcune ore dopo l'accaduto, verso le 17, alcuni migranti danno vita a una rivolta. Incendiano alcuni bancali di legna e fanno un falò davanti al cancello di entrata. Da lì comincia l'incubo. Venticinque operatori della cooperativa che gestisce il campo, la ex Ecofficina, ora Edeco, finita sotto inchiesta per truffa aggravata e falso materiale, rimangono intrappolati all'interno del centro, chiusi nei container e negli uffici amministrativi, mentre fuori, «gli ex guerriglieri», come li ha definiti il governatore del Veneto Luca Zaia, bloccavano le uscite. «Si sentivano colpi battere da fuori», racconteranno. All'incirca alle due di notte, gli operatori vengono «liberati». Ma per ipotizzare il sequestro di persona ci vuole cautela, ha detto il procuratore aggiunto ad interim Carlo Nordio. «Bisogna procedere in maniera rigorosa ha spiegato per evitare di sbagliare nell'indicazione delle responsabilità».
Insomma questa ipotesi dovrà essere vagliata attentamente, in quanto dalle testimonianze verbalizzate nessun operatore ha subito forme di violenza. Rimane da chiedersi, allora, quando si possa parlare di sequestro di persona. Anche la Digos indaga per evitare possibili infiltrazioni terroristiche, ha precisato Nordio durante un vertice in procura.
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