Un conflitto di interessi che risparmia l'imprenditore Silvio Berlusconi. Principio generico accennato nel documento politico che così com'è serve a poco. Niente a che vedere, insomma, con le prime versioni portate dai pentastellati. Ma anche uno strumento che potrebbe scattare all'occorrenza, cambiando alcuni istituti centrali, come l'immunità parlamentare. Al round di ieri al Pirellone, M5S e Lega hanno deciso una linea comune anche sul conflitto di interessi.
Nel documento, come su altri temi, non si entra nel dettaglio, ma ci sono affermazioni forti. La prima è la volontà di andare oltre la giunta per le autorizzazioni a procedere, strumento «anacronistico» perché composto da politici. Se questa affermazione porterà all'abolizione della giunta è difficile da prevedere. Anche perché sarebbe una riforma costituzionale.
Nel documento si sostiene poi la necessità di «estendere» il campo di applicazione del conflitto di interesse «oltre il mero interesse economico».
Formulazione molto vaga per quello che resta uno dei punti meno chiari del contratto di governo che Lega e Movimento cinque stelle hanno ultimato ieri.
La legge simbolo della sinistra che in questi anni ha individuato nel leader di Forza Italia il principale obiettivo entrerà nell'agenda dell'esecutivo giallo verde solo in termini generali, assicuravano ieri esponenti della Lega. Come dire, non costringeremo Berlusconi a vendere le aziende.
Il messaggio che esce dagli incontri non stop di questi giorni è che effettivamente non c'è nessuna intenzione di prendere di mira le aziende del leader di Forza Italia.
Nei giorni scorsi era scesa in campo addirittura un'esponente M5s di punta, come la senatrice Barbara Lezzi per dire che «non sarà una legge contro Berlusconi. Nessuna vendetta né strategia punitiva nei confronti di Mediaset che è un'azienda importante del paese». Lo stesso Matteo Salvini venerdì aveva precisato che nessuno, nemmeno i pentastellati, hanno intenzione di introdurre «leggi punitive o restrittive».
Da tempo il leader di Forza Italia non riveste cariche in Mediaset. L'unico modo per colpire il Cavaliere potrebbe essere limitarlo come elettore passivo, cioè come soggetto candidabile. E questo scenario non è escluso né dalle dichiarazioni in chiaro dei pentastellati né dalle voci che ieri si rincorrevano fuori dal Pirellone a Milano.
Ai tempi del governo Renzi una legge sul conflitto di interessi prevedeva alcune misure, come il rafforzamento dei poteri dell'Antitrust e l'introduzione del blind trust, cioè l'amministrazione dell'impresa affidata a persone diverse dal proprietario. Il M5s si schierò contro questa norma perché ritenuta troppo blanda. In questi giorni il partito di Luigi Di Maio ha subito forti pressioni dalla base per mettere il conflitto di interessi nel contratto di governo.
Ai tavoli con la Lega la delegazione M5s si è presentata con una proposta forte, che aveva come obiettivo Silvio Berlusconi e Forza Italia. La versione uscita dal vertice di ieri è da questo punto di vista meno incisiva.
Ma il conflitto di interesse resta un arma carica.
Pronta a scattare contro il principale concorrente politico della maggioranza. Un sospetto che si rafforza soprattutto ora che una sentenza ha restituito a Berlusconi la possibilità di candidarsi alle elezioni politiche.
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