La domanda più impertinente arriva quando il conduttore Fabio Vitale chiede: «Da segretario andrebbe a visitare Cospito?»
«No», risponde Stefano Bonaccini. «No», conferma Elly Schlein che però si sofferma sulla «scelta complessa del 41 bis che comprime le libertà».
Il confronto su Sky Tg24 fra i due candidati alla guida del Pd produce molte frasi prevedibili e pochi guizzi. Schlein continua a parlare di «lavoro povero , precarietà, diseguaglianza»; Bonaccini dà 4 al governo ma salva Meloni: «Se dicessi che è incapace sfiorerei il ridicolo, io voglio batterla nelle urne».
In piedi, uno di fianco all'altro, nello studio asettico di Santa Giulia, i due sono costretti ad una metrica veloce: interventi di un minuto, repliche rapidissime.
Lui è senza cravatta, lei indossa una giacca color ciliegia e pantalone. Si parte con la guerra e tutti e due dicono di stare con Kiev, ma sottolineano l'urgenza di un intervento della Ue. Insomma, nessuno ha la soluzione e Schlein aggiunge: «Da pacifista credo che le armi non bastino per far finire il conflitto».
Schlein chiede il salario minimo e la liberalizzazione della cannabis; sull'immigrazione punta il dito contro la Libia: «Non finanzierei mai la guardia costiera di quel Paese». Prosegue con una tirata sui diritti civili e Bonaccini cerca di metterla in difficoltà: «Io potrei sottoscrivere tutto quello Elly ha detto, ma voglio ricordare che i diritti civili devono andare insieme a quelli sociali». «E allora - è la controreplica piccata - sottoscrivili». Un fatto è certo: via il vecchio gruppo dirigente, concordano tutti e due, con il governatore dell'Emilia Romagna che sottolinea la lunga sequenza di sconfitte. Ma Bonaccini prova a mostrare l'altra faccia della luna: «Abbiamo tanti sindaci che amministrano bene». É quello il tesoro del partito, ma lei non è convinta: «Gli amministratori amministrano e non danno una linea politica e invece ci vuole una visione chiara. Una sinistra - aggiungerà nell'appello finale intinto nel politically correct - femminista ed ecologista». Avanti con lo ius soli, insiste lei; sull'autonomia differenziata è lui a cercare il consenso facile: «Il mio progetto è l'opposto di quello di Calderoli».
Si discute di lavoro precario e reddito di cittadinanza e Schlein mette in campo una posizione più radicale: «Il governo Meloni sul reddito ha fatto una scelta folle», che ricadrà - è la previsione - su centinaia di migliaia di famiglie, destinate a slittare verso la povertà più nera. Bonaccini condivide le critiche all'esecutivo ma aggiunge che sul capitolo lavoro il reddito si è rivelato un fallimento. Bonaccini prova ad aprire una strada per rafforzare il lavoro stabile, a tempo indeterminato: «Quello precario deve costare di più», ma a lei non basta: «Dobbiamo partire con una campagna contro i contratti a tempo determinato e il lavoro precario».
Dando così un'altra spallata all'Italia che lavora. Sul solito pullman, il governatore porterebbe Draghi e Veltroni, la vice, a sorpresa, Meloni: «Per battere gli avversari, bisogna conoscerli».
In conclusione, gli sfidanti si marcano a vicenda e non è chiara la ricetta per guarire la sinistra in crisi. Bonaccini però estrae una frase ad effetto: «Vorrei dire ai 5 Stelle e Terzo Polo che invece di fare opposizione al Pd dovrebbero farla al governo».
«Vincerò io», assicura Bonaccini, ma lei si sente altrettanto sicura: «Sono convinta di farcela».
L'obiettivo, chissà quando realistico, è portare ai gazebo un milione di cittadini. Poi Elly e Stefano si danno la mano e si abbracciano sorridenti: «Se dovessi perdere, collaborerò con te», promette lei. Anche se c'è chi profetizza una scissione. Chissà come andrà.
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