RomaL'ultimo spettacolo è malinconico. Ma la trama del film è avvincente, e quanto mai attuale. Racconta di come il Campidoglio di Ignazio Marino ha forzato la chiusura di un cinema, il Nuovo Aquila, uno dei centri culturali del popolare quartiere del Pigneto, revocandogli la concessione tre anni prima della scadenza. E abbassando le saracinesche prima ancora che il Tar si pronunciasse sulla richiesta di sospensiva presentata dalla coop che lo gestiva. Racconta anche altre dinamiche, questo strano film, dinamiche che si intrecciano in maniera inquietante con le indagini su Mafia Capitale. Ma andiamo con ordine.
A gestire il «Nuovo Aquila» è il consorzio «Sol.co», nella cui compagine figura tra le altre la coop «Formula sociale» riconducibile al «gruppo» di Salvatore Buzzi. Ma non è per questo che la vicenda finisce agli atti di Mondo di Mezzo. Succede, invece, che il direttore del cinema, Fabio Meloni, la mattina del 28 gennaio scorso si presenta spontaneamente dai carabinieri e offre la sua testimonianza sulle «distorsioni» - fin dal 2006 - nelle gare del Campidoglio riservate alle coop sociali. Racconta del «cartello» di Buzzi, delle gare bloccate, dei rapporti con i politici (a suo dire, Angiolo Marroni era «dietro» alla 29 giugno e Augusto Battaglia «dietro» alla coop Capodarco), dei «ritorni» con cene elettorali, rimborsi e assunzioni. E mette a verbale una sua «personale esperienza» delle «richieste provenienti dal mondo politico a quello delle coop sociali».
Meloni racconta che a settembre 2013 il consigliere comunale di Sel, Gianluca Peciola, gli avrebbe chiesto «di assumere un suo amico». In cambio «mi prometteva dei rimborsi dovuti per spese già sostenute e/o finanziamenti», tra cui i soldi per le spese vive delle 24 serate che il Campidoglio, secondo la convenzione, poteva organizzare nel cinema. «Io assumevo il segnalato per circa un anno - mette a verbale il direttore della struttura - ma nessun intervento veniva fatto per ottenere quanto già stanziato a favore di NCA dal Comune». A quel punto, prosegue Meloni, sei mesi prima della fine del contratto «feci sapere (al segnalato, ndr ) che non sarei stato in grado di rinnovargli il contratto». E qui le cose si fanno interessanti. Perché la notizia del mancato rinnovo, denuncia Meloni, «aveva indotto il Peciola a chiedere accesso agli atti relativi alla gestione del Nuovo Cinema Aquila, da me diretto».
Ricapitolando: secondo il denunciante, un consigliere di Sel chiede a un cinema gestito da una coop sociale di assumere una persona. E, quando il contratto non viene rinnovato, lo stesso consigliere passa al setaccio la documentazione e presenta un'interrogazione, innescando la revoca della concessione. Detta così, sembra una ritorsione. Ma se questa è la storia raccontata dagli atti giudiziari, il seguito non è da meno.
La «richiesta di chiarimenti» di Peciola non resta lettera morta. L'assessore alla Cultura Giovanna Marinelli la fa girare al cinema Aquila una decina di giorni dopo la denuncia di Meloni, il 30 gennaio, e due giorni prima della fine del contratto del «segnalato», in scadenza il primo febbraio. Il 9 marzo, l'assessore Marinelli (che nel 2004 era nella commissione di valutazione che assegnò il cinema a un'altra coop, con un verdetto poi ribaltato dal Tar e dal Consiglio di Stato, a cui aveva curiosamente fatto ricorso non la coop detronizzata ma lo stesso Campidoglio) avvia la procedura per la revoca della concessione, contestando al consorzio irregolarità contributive e una subconcessione, vietata dal disciplinare. E il Campidoglio, ancora moroso di buona parte delle somme che secondo Meloni il consigliere di Sel gli avrebbe promesso di sbloccare in cambio dell'assunzione, invece di saldare il conto, dà il benservito al consorzio. Nonostante una mozione all'unanimità del municipio, e 6.500 firme di cittadini, che chiedevano a Marino e Marinelli di attendere la pronuncia del Tar, martedì scorso il Campidoglio s'è ripreso le chiavi del cinema Aquila.
Né Marino né il suo assessore hanno mai
ricevuto il direttore, Fabio Meloni. Che forse avrebbe potuto raccontare anche al «baluardo della legalità» l'interessante retroscena raccontato al Ros. E finito, per ora, nella messe di carte dell'indagine su Mafia Capitale.