Coronavirus

Conte e quei tre super decisori. ​Ecco i "pieni poteri" del Covid

Le decisioni sull'emergenza prese da un ristretto gruppo di attori. Pochi paletti e contabilità speciale: "Hanno molto potere e non è controllato"

Conte e quei tre super decisori. ​Ecco i "pieni poteri" del Covid

Il contatore ad oggi segna ben 345 atti firmati dalle istituzioni per affrontare l’emergenza coronavirus. Una giungla intricata fatta di leggi, decreti legge, ordinanze, delibere, circolari, note, decreti ministeriali. Una selva in cui quasi tutti hanno in mente i famosi dpcm, che tuttavia sono solo della punta dell'iceberg. La pandemia infatti ha accentrato il peso decisionale su un ridotto numero di attori con “molto potere, non controllato”. E che forse sono sfuggiti all'attenzione pubblica.

È quanto emerge dall’ultima analisi di Openpolis dedicata all’emergenza sanitaria. Come ovvio il pericolo ha imposto “una catena di comando snella e in grado di agire derogando ai normali paletti”, ma è anche vero che pure col rallentare delle infezioni il ruolo del Parlamento è rimasto marginale. Il 91,9% delle decisioni adottate in questi mesi non hanno neppure visto lontanamente il coinvolgimento delle Camere. E anche quando il premier Conte ha promesso “maggiore centralità”, si legge nel monitoraggio, “il numero di atti su cui deputati e senatori hanno avuto la possibilità di intervenire è rimasto una percentuale minima”. Il motivo? La gran parte dei provvedimenti è stata presa con atti amministrativi che, in quanto tali, non chiedono né l’approvazione del Parlamento né quella del Presidente della Repubblica. Sul totale di 345, solo 28 avevano “forza di legge”, dunque obbligati al passaggio parlamentare. Non tanti.

In tempi di polemiche sui “pieni poteri” (infelice frase pronunciata da Salvini), l’analisi di quanto successo non può non destare attenzione. Non solo per l’iperattivismo di Conte sugli ormai famosi dpcm, quanto su tutto quello che ruota attorno a Palazzo Chigi. “Durante lo stato di emergenza - fa notare Openpolis - molti dei normali paletti che vincolano l’attività degli amministratori vengono meno. Inoltre, le decisioni strategiche vengono prese da un ridotto numero di attori”. Tra questi non solo il commissario straordinario Domenico Arcuri, ma anche il segretario generale del ministero della salute Giuseppe Ruocco e l’amministratore delegato di Consip Cristiano Cannarsa. Un trio di nomi a volte finiti sotto i riflettori (soprattutto Arcuri), ma spesso invece liberi di muoversi nel silenzio generale. “Nominati soggetti attuatori dalla Protezione civile - ricorda OpenPolis - hanno avuto la possibilità di agire fuori dagli abituali paletti normativi e con un’apposita contabilità speciale per svolgere queste mansioni. Due elementi che messi insieme danno molto potere, non controllato”.

Le cose non sono migliorate con la “fase 2”. Certo, qualche passo in avanti c'è stato. Conte ha ridotto l’uso dei dpcm. I ministri si sono presentati diverse volte in Aula per riferire sulla loro attività. Il governo ha rinunciato a porre la questione di fiducia ai dl. E le Camere hanno ottenuto il “privilegio” poter leggere i provvedimenti legati all’emergenza prima della loro approvazione. Ma comunque "la partecipazione di queste al processo decisionale rimane molto limitata”. Motivo per cui, si legge nel monitoraggio, la situazione “dovrebbe far scattare dei campanelli d’allarme. Le casse pubbliche languono (nonostante il patto di stabilità sospeso, la crisi è costata oltre 100 miliardi di indebitamento). L’economia non corre. E non bisogna sbagliare.

Servirebbe condivisione massima, tuttavia “sono ancora troppe le decisioni che sfuggono ad ogni tipo di controllo”.

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