Conte in fuga da Siri E i sondaggi puniscono la manfrina gialloverde

Il premier evita l'incontro col sottosegretario Lega e M5s entrambe in calo: è la prima volta

Conte in fuga da Siri E i sondaggi puniscono la manfrina gialloverde

Continua il botta e risposta a distanza tra il vicepremier leghista e quello M5s sul caso Siri. Un teatrino di facciata tra Matteo Salvini e Luigi Di Maio, destinato a protrarsi forse fino alle europee. Sempre sul filo del rasoio, con il destino del sottosegretario del Carroccio indagato per corruzione nell'ambito dell'inchiesta sull'eolico diviso tra la linea dura dei pentastellati, Salvini che respinge il pressing del M5s blindando l'ideologo della flat-tax e chi si accontenterebbe di un compromesso, come l'autosospensione. Una soluzione che però non basta a Di Maio: «È un istituto che non esiste. Esistono le dimissioni o restare in carica». Una conflittualità, quella tra i due alleati di governo, che non piace agli elettori: un sondaggio Swg commissionato Tg di La7 vede la Lega perdere lo 0,7% e il M5s lo 0,5%, quest'ultimo scavalcato dal Pd, che guadagna 5 punti.

Intanto l'annunciato faccia a faccia tra Siri e il premier Giuseppe Conte, per cercare di superare l'impasse, continua a slittare. Era previsto al rientro dal viaggio in Cina del presidente del Consiglio, lunedì, ma ufficialmente è stato spostato perché Conte era impegnato con i preparativi del bilaterale in programma oggi a Tunisi, che vedrà il premier e i suoi vice seduti allo stesso tavolo. In realtà è chiaro che Conte è in imbarazzo.

Gli scenari politici continuano a intrecciarsi con quelli giudiziari. A breve sarà fissato l'interrogatorio del sottosegretario, che dovrà rispondere alle domande dei magistrati sui suoi rapporti con l'ex deputato di Forza Italia Paolo Arata. Politicamente la vicenda rimane dirompente. Salvini critica il clamore mediatico sollevato intorno al caso («I processi si fanno nei Tribunali, non sui giornali e nelle aule del Parlamento») criticando la pubblicazione sulla stampa di fatti non a conoscenza degli indagati. Un riferimento alla presunta conversazione tra Arata padre e figlio, di cui hanno parlato i principali quotidiani, in cui si farebbe riferimento a una presunta tangente pagata a Siri per «pilotare» provvedimenti a favore delle energie rinnovabili. Un'intercettazione di cui è stata anche messa in discussione l'esistenza e di cui ancora non si conosce l'effettivo contenuto. Ora è nelle mani del difensore di Arata, Gaetano Scalise, che in accordo con la Procura non vuole diffonderla prima che il suo assistito venga interrogato. «Abbiamo rinunciato all'udienza davanti al Riesame e manifestato ai pm l'intenzione di essere interrogati», spiega il penalista. Prima di Arata, comunque, sarà convocato Siri. «Abbiamo comunicato agli inquirenti che ci presenteremo spontaneamente in una data da concordarsi», puntualizza l'avvocato Fabio Pinelli.

Intanto la tensione nella maggioranza di governo rimane alta. Se Salvini si scaglia contro i processi mediatici, fonti M5s lo accusano «di parlare come Berlusconi». «Non è questione di dove si fanno i processi - dicono - ma di opportunità politica».

Il ministro non indietreggia: «In un paese civile i processi si fanno in Tribunale, non ho altro da aggiungere perché mi occupo di vita reale e non di supposizioni o presunte intercettazioni». Ma anche Di Maio insiste. Vuole che Siri si metta in panchina fino a inchiesta chiusa: «Se la Lega non ha la nostra stessa sensibilità sul tema della corruzione, noi questa sensibilità ce l'abbiamo».

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