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Conte si smarca in contropiede: "Non ci saranno bis in politica"

Il premier non vuole legare le proprie sorti alla crisi 5S E irritato dalla Lega, si sfila da impegni internazionali

Conte si smarca in contropiede: "Non ci saranno bis in politica"

«Io personalmente l'ho detto, non ho la prospettiva di lavorare a una nuova esperienza di governo: la mia esperienza di governo termina con questo». Il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, in occasione della visita al centro di ricerca Cnr a Lecce, ha ribadito l'intenzione di non dedicarsi ulteriormente all'attività politica di primo piano. Parole un po' spiazzanti considerato, da una parte, che l'appoggio del premier nei confronti del Movimento 5 stelle è stato determinante sulla questione Tav e, dall'altra parte, che il capo del governo gode del favore dei sondaggi.

Dichiarazioni che comportano anche una difficoltà di decrittazione visto che il primo ministro si è disimpegnato discretamente anche nei contesti internazionali sebbene carente di una piena legittimazione politica. «In questo momento abbiamo una grande chance, siamo al governo, non si può pensare in una prospettiva di governo futura: gli italiani ci chiederanno conto di cosa abbiamo fatto oggi, ieri, domani mattina», ha aggiunto precisando che «non bisogna pensare come la vecchia politica e iniziare a lavorare per un domani, sarebbe una prospettiva completamente sbagliata».

Parrebbe di capire che Conte, inizialmente indicato nella campagna elettorale 2018 come ministro della Pa di un virtuale esecutivo Di Maio, abbia ben chiaro che i Cinque stelle non abbiano dinanzi a sé un futuro radioso. «Non esiste per me una strategia per salvare il Movimento, stiamo parlando di sondaggi», ha detto rimarcando che «i sondaggi di oggi potrebbero non essere quelli di domani o dopodomani: la cosa migliore è che io personalmente, tutti gli esponenti del M5s, ma anche ovviamente gli esponenti della Lega lavorino per gli italiani».

Non è un mistero che il premier sia rimasto abbastanza contrariato, come e forse anche più di Di Maio, dalla guerriglia a bassa intensità di Salvini nei confronti di Palazzo Chigi: dalla Tav fino alla firma del memorandum d'intesa sulla Via della Seta con la Cina. Con il principale sponsor politico in ribasso e con l'alleato di governo sempre meno «amichevole», non conviene porsi orizzonti troppo estesi per l'agire politico. È un messaggio di buon senso, ma anche (e lo si dice fra parentesi) foriero di sviluppi professionali per un avvocato civilista e professore universitario la cui carriera non si esaurirà di certo con l'esperienza attuale.

Alla fine, dunque, è meglio interpretare il discorso di Conte come la presa d'atto che l'esperimento gialloverde sia da considerarsi con una data di scadenza non troppo lontana. E, d'altronde, anche per Conte sarebbe difficile esporsi in Europa per una manovra 2020 che parte con 23 miliardi di clausole di salvaguardia e 16 miliardi di reddito di cittadinanza e quota 100 da finanziare in un ciclo macroeconomico improntato alla stagnazione.

«Quello che dobbiamo fare è lavorare incessantemente senza sosta con la massima concentrazione per individuare l'interesse degli italiani», ha concluso promettendo proprio dal Salento (dove i pentastellati hanno dovuto arrendersi su Ilva e gasdotto Tap) un Consiglio dei ministri da tenersi in Calabria per affrontare i problemi della Regione. Come se la campagna elettorale non fosse mai finita.

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