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Conto alla rovescia, tra un mese il Grande rito. I segreti della seduta comune Camera-Senato

Il presidente Fico convocherà tutti il 4 gennaio, prima votazione verso il 20. Il record di Leone (23 tentativi), un solo scrutinio per Cossiga e Ciampi

Conto alla rovescia, tra un mese il Grande rito. I segreti della seduta comune Camera-Senato

Il sacro rito dell'elezione del presidente della Repubblica è iniziato. E un'aura di solennità e bellezza pervade il Parlamento in vista della scelta del nuovo capo dello Stato. L'iter dell'elezione più importante del nostro Paese dopo il settennato, unica cosa certa dei tempi incerti dei nostri governi che hanno come media un anno di vita, sta per avere inizio. Esattamente tra un mese, infatti, il prossimo 4 gennaio, arriverà da parte del presidente della Camera, Roberto Fico, la convocazione del Parlamento in seduta comune per l'elezione del 13esimo presidente della Repubblica italiana, considerando che Sergio Mattarella si è insediato il 3 febbraio 2015. In base all'articolo 85 della Costituzione, «trenta giorni prima che scada il termine» del settennato, «il presidente della Camera dei deputati convoca in seduta comune il Parlamento e i delegati regionali, per eleggere il nuovo Presidente della Repubblica». In base alla prassi e ai precedenti la seduta dovrebbe essere fissata intorno al 20 gennaio.

Fatta eccezione per la prima legislatura repubblicana, quando le Camere si insediarono l'8 maggio, l'elezione di Luigi Einaudi prese il via il 10, nel 1955 per Giovanni Gronchi i grandi elettori furono convocati l'11 aprile, per iniziare a votare il 28; per Antonio Segni nel 1962 il 10 aprile per il 2 maggio; per Giuseppe Saragat nel 1964 il 6 dicembre per il 16; per Giovanni Leone nel 1971 il 28 novembre per il 9 dicembre; per Sandro Pertini nel 1978 il 18 per il 29 giugno; per Francesco Cossiga nel 1985 l'11 per il 24 giugno; nel 1992 per Oscar Luigi Scalfaro il 28 aprile per il 13 maggio; per Carlo Azeglio Ciampi nel 1999 il 28 aprile per il 13 maggio; per Giorgio Napolitano nel 2006 il 3 per l'8 maggio, e nel 2013 il 15 aprile per il 18 (era il complicato inizio della diciassettesima legislatura, quando poi si arrivò alla rielezione di Napolitano), per Sergio Mattarella nel 2015 il 14 per il 29 gennaio. La Costituzione non prevede un limite al numero di mandati per quanto concerne la carica di presidente della Repubblica ma ad oggi si è assistito a un solo caso di riconferma con Napolitano.

Ad eccezione del primo capo di Stato Enrico De Nicola, solo altri due presidenti sono stati eletti con un solo scrutinio, Cossiga e Ciampi. Per Einaudi, Gronchi, il primo Napolitano (il secondo 6) e Mattarella ne sono bastati 4. Per Segni 9, per Scalfaro 16, per Saragat 21 e il record lo detiene Leone con 23.

Ad oggi nessun mandato è stato interrotto per colpevolezza o è decaduto, né alcun presidente è venuto a mancare durante l'esercizio della carica. Invece, si è assistito a casi di dimissioni volontarie: Segni in seguito a grave malattia (ebbe una trombosi cerebrale durante un colloquio con Saragat e Moro e ne fu accertato l'impedimento temporaneo), Leone in seguito allo scandalo Lockheed, Cossiga in disaccordo con la situazione politica anche se avrebbe terminato il mandato di lì a un paio di mesi e Napolitano per l'età. I restanti mandati (De Nicola, Einaudi, Gronchi e Saragat) raggiunsero il loro termine naturale. Singolare l'elezione di Scalfaro. Dopo il 15º scrutinio, il 23 maggio arriva la notizia della strage di Capaci con l'assassinio di Giovanni Falcone, per cui diviene impraticabile la candidatura di Giulio Andreotti dato per favorito, essendo giudicata impresentabile la figura del più volte presidente del Consiglio, in una situazione di emergenza nazionale nella lotta alla mafia. La strage spiana così la strada ad Oscar Luigi Scalfaro, allora presidente della Camera, sul cui nome convergono tutte le forze politiche.

Ma questi sono casi limite.

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