Contro i rischi geologici servono piani e miliardi: non si fa (quasi) niente

Siamo daccapo: dopo i disastri le promesse. Evitiamo che questo 24 agosto si dimentichi

Contro i rischi geologici servono piani e miliardi: non si fa (quasi) niente

Correvano gli anni Settanta. Da giornalista alle prime armi andai ad intervistare, a Faenza, Raffaele Bendandi, un bravissimo sismologo autodidatta che prevedeva i terremoti. Ricordo il quadro apocalittico che tratteggiò sulla situazione tellurica del Paese: c'erano appena state alcune scosse in Romagna e lo studioso vedeva un futuro nero soprattutto nel Centro Italia. Bisognava investire fiumi di denaro, mi disse, in particolare nelle regioni più ballerine, dalla Romagna in giù.

Da allora sono trascorsi quarant'anni e siamo ancora al punto di partenza o quasi. Ogni volta, all'indomani di una catastrofe, sull'onda dell'emozione e della paura, vengono promessi interventi strutturali anti-sismici, come in Giappone subito dopo l'ultimo cataclisma, ma, poi, passato lo choc, non se ne fa più nulla.

È successo tante volte: continuiamo a piangerci addosso e a strapparci le vesti e altrettanto in fretta dimentichiamo tutto. C'è stata solo un' occasione quando il governo di turno agì con determinazione: fu a Norcia nel 1979 e non è un caso se, nel centro umbro, i danni del terremoto di ieri notte sono stati irrilevanti, nonostante la forte intensità delle scosse.

Enzo Boschi, che considero il migliore sismologo ancora oggi in circolazione, non solo in Italia, è piuttosto lapidario. Afferma che occorrerebbe un maxi-piano ventennale di interventi di prevenzione con un investimento di almeno dieci miliardi l'anno: qualcosa, insomma, come 200 miliardi di euro da mettere sul piatto della bilancia. La maggior parte di questi interventi dovrebbero essere focalizzati soprattutto nelle zone ad alto rischio sismico. Boschi parla dell' Umbria, del Lazio, dell'Abruzzo, del Molise e, più in generale, di tutto il Meridione dove la terra trema spesso, troppo spesso.

Nulla di nuovo sotto il sole perché la zona dell'epicentro di quest'ultima scossa era stata classificata ad alta pericolosità sismica già nel 2003, con tanto di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, subito dopo il terremoto di San Giuliano di Puglia del 31 ottobre 2002. Cosa si è fatto di veramente concreto da allora considerando che, nel frattempo, ci sono stati altri terremoti e non di poco conto?

Quando è successo il sisma in Emilia, nel maggio del 2012, oltre ai primi interventi di soccorso, vennero previsti anche investimenti per prevenire i danni di altre scosse nel territorio. Perché non è stato fatto altrettanto - o, almeno, con la stessa intensità - nei tanti eventi sismici che si sono registrati, negli ultimi trent'anni, dalla Sicilia all'Umbria e alle Marche?

Troppo facile promettere la mancetta agli italiani (leggi gli 80 euro concessi da Renzi) e abbandonare, poi, al loro destino tante zone sismiche d'Italia. Evitiamo che, magari già tra qualche mese, il Palazzo dimentichi cosa è successo poco dopo le tre del 24 agosto 2016.

Non bastano più le promesse del premier o del ministro dell'Ambiente: ci vogliono i fatti.

C'è da dire che, in questo periodo, anche Renzi appare decisamente sfortunato e, all'indomani dei fasti, o presunti tali, di Ventotene con i «grandi», o presunti tali, dell'Europa, ecco il brusco e tristissimo risveglio alla realtà.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica