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Corbyn vince la sfida. Ma la guida del Paese è tutta da conquistare

Unisce l'opposizione sul nuovo rinvio Retromarcia sulla promessa di elezioni

Corbyn vince la sfida. Ma la guida del Paese è tutta da conquistare

Contrordine, compagni. Le elezioni anticipate possono aspettare, per ora. Il Labour le invoca da oltre due anni, le ha sempre preferite all'idea di un secondo referendum sulla Brexit, ma adesso «non vuole ballare al ritmo di Boris». La priorità è evitare il no deal, una Brexit senza accordo con la Ue che sarebbe «catastrofica». È su questa «linea rossa» che il leader Jeremy Corbyn segna finalmente un punto decisivo contro il mastino della Brexit, Boris Johnson. È su questo obiettivo imprescindibile che «Jez» (come lo chiamano i suoi sostenitori) sta cavalcando il momento, la crisi politica più drammatica dal Dopoguerra per il Regno Unito. Perché è su questa barriera invalicabile che è finalmente riuscito a unire l'opposizione, compresi quei 21 ribelli conservatori decisivi nel fermare la galoppata di Johnson verso la Brexit di Halloween. Ora o mai più, è il senso della sua battaglia per rinviare la Brexit e fermare il no deal. E per ora Corbyn l'ha spuntata.

Eppure la strada che si apre di fronte al Labour non è meno in salita di quella che dovrà battere il Partito conservatore, lacerato al suo interno. La chiamata alle urne può essere solo rimandata ma è il sentiero verso cui tutti ormai si stanno avviando. Ed è qui che i nodi dell'opposizione rischiano di tornare al pettine. La linea morbida (o annacquata) del Labour sulla Brexit - addio alla Ue ma sì al mercato unico e all'unione doganale - rischia di schiantarsi di fronte allo scenario di un'elezione in cui gli animi saranno più esasperati che mai e la frattura fra pro-Brexit e anti-Brexit potrebbe essere ancora più marcata. A frenare l'ascesa del Labour c'è la minaccia dei Liberaldemocratici (16%), che con il loro «vaffa» alla Brexit, «Bollocks to Brexit» hanno dimostrato di avere più appeal e maggiore incisività sul dossier dei dossier tra gli europeisti convinti. Non a caso i LibDem stanno guadagnando ampi consensi e pescando nell'elettorato laburista, così come ha già fatto Nigel Farage con la working class anti-Ue. I sondaggi dicono che il Labour è ancora parecchio indietro ai Conservatori, avanti di dieci punti percentuali (35% a 25% secondo YouGov). E Corbyn è considerato un leader di gran lunga peggiore di Johnson (l'ultima rilevazione Survation lo vede al quarto posto, al 17% contro il 45% di Johnson e il 19% della leader LibDem).

Sono nodi che rischiano di imbrigliare il capo del Labour anche se si arrivasse - come è possibile - a un governo transitorio o di unità, che abbia come obiettivo di sciogliere l'intrigo della Brexit, in attesa che il Paese torni alla normalità. L'opzione che possa essere il comandante rosso a guidarlo non è stata solamente osteggiata dai deputati conservatori pro-Ue, decisivi per fermare il no deal di Johnson. L'idea che sia Corbyn a guidare un eventuale esecutivo di scopo, pur essendo il leader del principale partito di opposizione, è stata finora osteggiata anche dai Liberaldemocratici. La leader dei LibDem, Jo Swinson, ha chiesto finora che siano figure meno divisive come Ken Clarke o Harriet Harman, il deputato conservatore e la deputata laburista che siedono in Parlamento da più tempo.

Infine c'è la narrazione, quella che i Tory hanno già cominciato a usare come un bakooza contro Corbyn e che non abbandoneranno in caso di voto anticipato. «Pappamolle», «pollo clorinato» lo chiama già Johnson, che accusa il rivale Corbyn di «tergiversare e rimandare» sulla Brexit, per paura delle urne. Fino all'argomento più facile: Corbyn sarebbe il leader che ignora la volontà popolare espressa nel referendum del 2016 sulla Brexit.

Ed è un argomento che rischia di spingere molti elettori laburisti a buttarsi su Farage o sui LibDem in alcuni seggi chiave per le elezioni generali.

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