
"Corruzione e peculato in concorso con Venditti Mario". Sono queste le accuse con cui ieri mattina scatta la nuova fase delle indagini su anni di malaffare nella giustizia a Pavia. Con una mossa senza precedenti, la Procura di Brescia manda la Guardia di finanza negli uffici della Procura di Milano, mai nella loro storia violati da una simile irruzione. Le fiamme gialle salgono al quinto piano e perquisiscono l'ufficio di un pubblico ministero da pochi mesi arrivato a Milano: si chiama Paolo Mazza, e fino all'anno scorso lavorava a Pavia come sostituto procuratore. Per anni è stato uno dei pm di fiducia di Venditti, poi ha chiesto e ottenuto il trasferimento a Milano, forse avendo intuito la bufera che stava per abbattersi sul suo capo. Ma non è bastato a evitare i guai. A Mazza viene notificato un avviso di garanzia per corruzione in complicità con Venditti. Non c'entra l'omicidio di Garlasco, se non sullo sfondo. I reati che Mazza è accusato di avere commesso insieme al suo capo riguardano la gestione delle indagini e delle spese della Procura di Pavia. Una gestione che fa parte del grumo di potere che regnava nella città fino a quando l'arrivo del nuovo procuratore capo, Fabio Napoleone, ha scoperchiato un verminaio di cui da tempo si parlava: ma che ora sta rivelando dimensioni ancora maggiori di quanto si immaginasse.
L'accusa a Mazza - 53 anni, in magistratura dal 2004, fratello di un sostituto procuratore generale e di un dirigente dei servizi segreti - apre un nuovo scenario. Si scoprono i reati che vengono attribuiti anche all'ex procuratore Venditti nel'indagine sulla gestione della Procura pavese: corruzione e peculato anche per lui, che si sommano all'ipotesi di corruzione che a Venditti viene contestata nella controrinchiesta sull'omicidio di Chiara Poggi. Insieme, Venditti e Mazza sono indicati dalla Procura di Brescia come punti di riferimento del Palazzo di giustizia di Pavia di due esponenti di punta del comitato d'affari che si era insediato nella città sul Ticino. Almeno dall'inverno scorso, le indagini della Guardia di finanza di Brescia e Pavia (che agiscono congiuntamente come le due Procure) hanno scavato intorno a Venditti e a Mazza, sui loro rapporti con i potentati locali, sulla loro gestione delle inchieste, sull'utilizzo dei fondi della Procura a partire da quelli per le intercettazioni. Nel decreto di perquisizione a carico di Mazza viene indicato esplicitamente l'assegnazione in esclusiva delle intercettazioni telefoniche della Procura alla ditta Esitel dei fratelli D'Arena divenuti i monopolisti degli appalti della Procura pavese. Ora anche loro sono indagati di corruzione in concorso con Venditti e Mazza, quest'ultimo sarebbe stato ricompensato con l'acquisto a prezzi stracciati di un auto.
Una corruzione modica, da cui, spiega il suo legale Massimo Dinoia, uscirà "positivamente nel più breve tempo possibile". Ma per la Procura di Brescia la scelta di andare a perquisire la Procura di Milano, l'ex tempio di Mani Pulite, si spiega solo con la convinzione di essere davanti a reati assai gravi.