Mogol è stato il primo autore italiano a parlare di una «ragazza dell'est» nella nostra musica leggera. A conferma della straordinaria vitalità della sua scrittura, nel 1972 Lucio Battisti aprì il disco Il mio canto libero con La luce dell'Est, brano visionario e ispirato che quarantasette anni dopo Giulio Rapetti Mogol racconta così: «Un testo nato come spesso mi capita da una esperienza personale, anzi da una immagine che mi ha ispirato», spiega ripensandoci appena un po'.
Quale?
«Ho sempre amato i cani da caccia ed ero andato a fare una battuta in Jugoslavia ai confini con l'Ungheria. Con noi c'era una battitrice, ossia una ragazza che batteva i cespugli per far uscire la selvaggina. Avrà avuto 18 o 19 anni, era parte di una famiglia numerosa e voleva guadagnare qualche soldino».
Ma com'è nata l'ispirazione?
«Quando ci siamo fermati per pranzare, lei non aveva nulla. L'ho vista seduta senza nulla, così le ho dato un po' del mio cibo, forse una scatoletta di sardine. Lei si è quasi commossa».
Poi?
«Poi quando partimmo, mi ricordo ancora con quale entusiasmo ci salutò. Un calore sincero che mi fece venire in mente la persona che amavo e suscitò l'ispirazione. Allora qualcuno pensò che parlassi di una mia storia d'amore. In realtà no, fu solo un'immagine che diventò canzone».
E Lucio Battisti che cosa disse?
«Lucio non commentava tanto i miei testi. Se li cantava, vuol dire che gli piacevano».
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