Così l'immunità misura gli Stati

tavolta c'è poco da fare ammuina. La più grande vaccinazione di massa della storia è anche un confronto globale sull'efficienza di ciascuna società.

Così l'immunità misura gli Stati

Stavolta c'è poco da fare ammuina. La più grande vaccinazione di massa della storia è anche un confronto globale sull'efficienza di ciascuna società. Alcuni si troveranno in lockdown a guardare in tv lo spettacolo di altri che tornano a vivere senza tante restrizioni.

Per chi governa è una sfida epocale. A breve si potrà misurare in termini di giorni o settimane di libertà quanto pesano burocrazia, scelte politiche sbagliate, istituzioni fragili. Anche nella prima fase, quella del contagio, centri studi di tutto il mondo hanno tentato di misurare in modo oggettivo le «performance». Ma la propaganda ha avuto gioco facile: la diffusione dell'epidemia dipende fino a un certo punto dai comportamenti dei singoli e dalle misure di contenimento. I lockdown, il tracciamento e il distanziamento funzionano ma costano e quindi alla lunga non sono una via sicura per l'immunità. Anche le popolazioni più rispettose delle regole hanno pagato dazio. L'infezione si muove a ondate, come abbiamo imparato. Alcuni governi, anche tra le democrazie, vedi il Conte bis, hanno tentato di vendere come proprio successo la parte discendente dell'onda addossando la responsabilità della parte ascendente ai runner prima, alla movida poi.

Una cortina fumogena per coprire le debolezze dei sistemi sanitari, la fragilità delle istituzioni o errori politici macroscopici, stile banchi a rotelle. Anche sul dato della mortalità hanno pesato alcuni fattori contingenti e locali, ma si è comunque vista la differenza tra i sistemi sanitari.

Con i vaccini è diverso: i Paesi ricchi avranno forniture sufficienti a breve. Ma anche stavolta si è tentato il depistaggio, creando un nemico: l'avidità del capitalismo e la perfida Big Pharma che nega i vaccini a noi poveri europei. Un paradosso, visto che è stata proprio la grande industria farmaceutica a centrare l'obiettivo storico dei vaccini. Prima tra tutte, guarda caso, Pfizer che ha rifiutato finanziamenti, e vincoli, statali. Ed è ormai chiaro che nessuno ci ha rubato le dosi. Le aziende stanno recuperando i ritardi e il commissario Ue Thierry Breton ha detto che «una dose su tre è inutilizzata» (e allora dov'è la carenza di fiale?) e la vera differenza con gli Usa, dove alcuni stati hanno già abolito ogni restrizione, è che loro, come Israele e Regno Unito, sono partiti cinque settimane prima e non hanno tenuto scorte per le seconde dosi.

Solo il tempo ci dirà se l'Ue è stata «più prudente», come dice Breton, o solo più lenta. A proposito di confronti, e l'Italia? Al momento il tasso di somministrazione langue al di sotto della media europea. Ma anche a Marocco, Cile e Turchia. Recuperare si può. Ma basta alibi.

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