«U n danno enorme»: così, nel Pd, si valutano le conseguenze dell'improvvida mossa comunicativa del premier Conte, con il suo drammatico messaggio notturno via Facebook cui, fino a ieri sera, non è seguito alcun atto formale, mentre nel Paese si scatenava il caos.
A conferma dell'estrema delicatezza della situazione, mentre Conte ieri veniva investito da un'ondata senza precedenti di contestazioni, sono scesi in campo due big del Partito democratico per tentare di puntellare il governo. Il segretario dem Nicola Zingaretti lancia un allarme: «Guai a dividersi, di fronte alla crisi più grave dalla Seconda guerra mondiale: il governo ha adottato i provvedimenti che andavano presi». Dei provvedimenti, in verità, non c'è neppure l'ombra quando parla il leader Pd, ma il senso del messaggio è chiaro: tentare disperatamente di blindare un Conte in gran difficoltà, per evitare contraccolpi pericolosi: «La situazione così sfugge di mano, tra una settimana ci ritroviamo con scioperi ovunque e i forconi per le strade», sussurra un esponente dem. E rompe un lungo silenzio anche Dario Franceschini, capodelegazione Pd, che per settimane ha cercato di pilotare le scelte di Palazzo Chigi dietro le quinte, spingendo uno spaventato Conte a prendere misure più drastiche (come la chiusura delle scuole), ma che secondo le voci interne sarebbe stato via via emarginato dallo staff del premier, esaltato dai sondaggi di popolarità. Una difesa con una punta di veleno, quella di Franceschini, che riconosce come «nel momento più drammatico della nostra storia» e di fronte «a una minaccia sconosciuta» in mezzo «alle cose giuste si possono fare errori», anche da parte del capo del governo, ma bisogna «correggerli» e «andare avanti insieme, senza dividersi». Persino Gigino Di Maio - mentre i grillini sembrano scomparsi dalla scena - pressato dal premier e dai dem, è costretto a difenderlo tiepidamente: «Basta ingiuste polemiche contro Conte». Duro invece Renzi, che chiede a Conte «serietà» perché «non siamo in un reality». Dice un esponente dell'esecutivo (non renziano): «Purtroppo ci aveva visto giusto Matteo, quando all'inizio di questa crisi ha caldeggiato un governo Draghi di unità nazionale». A far imbufalire molti, nel Pd è anche il fatto che con il testacoda comunicativo di sabato si sia consentito alla Lega di cantare vittoria: «Fino a quella sera Salvini era politicamente morto: Conte è riuscito a resuscitarlo».
Zingaretti non vuole e non può mollare Conte, «seconda gamba» della sua idea di centrosinistra, anche se i dubbi sulle sue capacità di gestione e la sua tenuta sono sempre più diffusi: «Ma vi pare normale che debba essere Mattarella a tenere i rapporti con le opposizioni per rispondere all'emergenza, mentre a Palazzo Chigi pensano solo ai like su Facebook e ai sondaggi?», si sfoga un membro di governo Pd. L'ex ministra Valeria Fedeli fa notare: «Berlusconi ancora una volta si è mosso nel modo più intelligente, evitando di alzare mille paletti mentre Salvini sparava a zero, e ieri facendo lanciare da Brunetta una proposta fondamentale per il futuro: un patto sociale per il dopo Coronavirus, per salvare il Paese. In sintonia con quanto sollecita il Colle». Manca però l'interlocutore governo, sembra il sottinteso.
E manca l'interlocuzione con il Parlamento: «Ma se lasci che i presidenti della Camere rallentino la nostra attività - sottolinea il dem Raciti - c'è bisogno del consenso delle opposizioni, perché i numeri ballano». Ancora una volta, la moral suasion di Colle e dem ha svegliato sia Conte che Fico, che ieri sera ha annunciato che finalmente, mercoledì, il premier riferirà in Parlamento. Per la prima volta dall'inizio della crisi.
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