Crisi di nervi grillina: Casaleggio contro Renzi E a Roma è lotta interna

Davide attacca Matteo per difendere il padre. Nella Capitale volti e faide da Prima Repubblica

Crisi di nervi grillina: Casaleggio contro Renzi E a Roma è lotta interna

Partecipate e partecipazione, facce nuove che provano a risolvere le beghe della cosa pubblica con burocrati socialisti, democristiani, leghisti. I manager vengono selezionati dai capi Grillo e Casaleggio e poi spinti da dinamiche sopravvissute alla Prima Repubblica. «Scelti solo in base al curriculum», hanno sempre replicato i pentastellati. «Un curriculum non basta per capire se ci sarà sintonia tra gli amministratori e i vertici delle aziende che fanno muovere la macchina comunale», replica chi ora si sente all'angolo.

È anche qui che nasce il cortocircuito che ha spinto il M5s sull'orlo di una crisi di nervi, che ieri ha avuto una nuova escalation nel botta e risposta tra l'ex premier Renzi e Davide Casaleggio. Il tema dei vaccini è il campo di battaglia. Renzi: «Raccontano cose che spesso non sono vere». E poi: «Casaleggio diceva che ciò che è virale diventa vero, ma non è così». Ha risposto il figlio, Davide: «Renzi deve smetterla di infangare la memoria di mio padre. È intollerabile che continui a ripetere una bufala da lui inventata da lui». L'ex premier risponde a stretto giro: «Non voglio polemiche, meno che mai con il figlio di un uomo che ha innovato la comunicazione politica. Sono pronto a discutere con lui».

Intanto il M5s esplode, tra nemici esterni e interni, dentro un tutti contro tutti che oppone ideologi, militanti e amministratori grillini. Gli ultimi a farne le spese sono burocrati, manager teste pensanti a Cinque Stelle. Carlo Freccero è stato chiaro: «Nel cda della Rai hanno scelto me perché i Cinque Stelle non avevano altri da indicare». In verità la classe dirigente grillina esiste, ma il nuovo che avanza ha radici profonde nella Prima Repubblica. Per esempio Luca Lanzalone, avvocato, genovese, non ha mai nascosto la sua fede «socialista» e ha aperto i saloni del suo antico palazzo per la campagna elettorale all'amico Riccardo Nencini, segretario del Psi, già viceministro renziano. Ed è probabile che questa tendenza «socialista» abbia permesso all'avvocato genovese (ora presidente Acea) di trovare una mediazione con Nicola Zingaretti, esponente del Pd e governatore del Lazio. Scansata l'arroganza grillina, si è evitato (per il momento) il razionamento dell'acqua a Roma. Ad agosto l'Acea aprirà 280 cantieri nella Capitale per tentare di ridurre la stratosferica dispersione della rete. Interventi fatti, anche a costo di scontentare importanti azionisti privati, come Francesco Gaetano Caltagirone. Già, è il «nuovo» fa i conti con i soliti noti. Ancora: Lanzalone, nel nuovo che avanza, ha sempre avuto ottimi rapporti con Bruno Tabacci, un altro amico, democristiano, Udc, Rosa per l'Italia, Apl e ora attratto dalla nuova battaglia dell'ex comunista Pisapia. Tabacci è stato pure presidente della Regione Lombardia ed è qui che ha iniziato ad apprezzare e poi a consigliare un manager allora scudocrociato, Bruno Rota. È l'uomo che dopo 100 giorni ha spedito a quel Paese bus, direzione Atac e giunta Raggi. A completare la terna manageriale Stefano Bina, direttore generale di Ama, manager dei rifiuti, politicamente orientato verso il centrodestra. Lui, per ora, ha schivato i siluri della base grillina. Che nelle ultime ore ha un nuovo portavoce, Andrea Manzillo, assessore comunale al Bilancio, già fidato di Virginia Raggi, ora alleato con l'ala Lombardi-De Vito. Ieri Mazzillo ha sparato: «Svoltiamo o andiamo a sbattere. Sono stati scelti manager inadeguati».

Rota, in un certo senso, gli aveva appena risposto. Denunciando su Facebook le pressioni da parte di Enrico Stefàno, consigliere M5s, che avrebbe chiesto di promuovere in Atac i «soliti noti». Si stava meglio quando si stava peggio.

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