«Grave vulnus» (Giuseppe Conte). «Gigantesca questione morale» (Luca Poniz). «Fatti gravissimi, mercimonio di incarichi» (Antonio Roberti). E via di questo passo.
Qualunque altra istituzione sommersa dai giudizi che le sono piombati addosso in questi giorni sbanderebbe, scricchiolerebbe, si interrogherebbe angosciata sul proprio futuro. Invece ieri pomeriggio il Consiglio superiore della magistratura riunisce il suo plenum in un clima vagamente surreale, come se il Titanic delle toghe non imbarcasse acqua. Eppure all'ordine del giorno c'è un'incombenza che con l'inchiesta di Perugia ha molto a che fare: la sostituzione di Corrado Cartoni, uno dei consiglieri che si intratteneva con i piddini Luca Lotti e Cosimo Ferri a spartire ed occupare poltrone di pregio. Cartoni faceva parte della commissione disciplinare, ed è accusato di avere violato anche in questa veste i suoi obblighi. Così - dopo qualche resistenza e proclamandosi innocente - ha lasciato l'incarico.
Sarebbe l'occasione perfetta per una riflessione corale sul malaffare che regnava all'interno del Csm, che tornerà a riunirsi venerdì in una seduta straordinaria con il presidente Sergio Mattarella. I consiglieri superstiti potrebbero guardarsi in faccia e dirsi: ma tu sapevi, sospettavi, intuivi? Invece niente. Il plenum si riunisce sotto gli occhi delle telecamere, la tribuna stampa è stracolma, la seduta viene ritrasmessa in streaming. Tanta attenzione sprecata. Il menu della seduta non prevede dibattito. Il dramma in corso fa irruzione solo nel discorso funebre che Giuseppe Cascini tiene in onore di Salvatore Senese, giudice di Magistratura democratica, poi deputato del Pds, morto ieri: e confronta le serate spese con Senese «a parlare di nubi, di diritti, di valori» con i «conciliaboli triviali» delle intercettazioni di Perugia. «La sua scomparsa in un momento così buio per l'istituzione assume un significato simbolico», conclude Cascini. Ma poi tutto riparte come se nulla fosse: si accettano all'unanimità le dimissioni di Cartoni, si nomina il suo sostituto. Si vota a scrutinio segreto, ventuno votanti e ventuno a favore di Paola Braggion, giudice milanese, della stessa corrente del dimissionario. Si erano messi tutti d'accordo prima, evidentemente. Poi, sempre all'unanimità, si rispediscono a lavorare negli uffici di provenienza Cartoni e un altro dimissionario, Antonio Lepre. Dopo un quarto d'ora è tutto finito.
Con quale serenità Lepre e Cartoni torneranno ad amministrare la giustizia, col carico di intercettazioni che si portano addosso, è tutto da vedere. Nel frattempo l'importante per il Csm è offrire all'esterno l'immagine di un organismo in grado di fare pulizia al proprio interno, e affrontare poi la fase delle riforme del suo funzionamento, rese inevitabile da quanto venuto alla luce negli ultimi venti giorni.
Ieri sul tema si è speso il presidente del Consiglio. Parlando a Parigi, Conte ha detto che «è una pagina che come giurista mi fa soffrire», «ferisce notevolmente e crea un vulnus alla magistratura». Una riforma è indispensabile, dice il premier, ma «non si può intervenire a caldo per ragioni emotive», deve essere «ben articolata», e possibilmente coinvolgere le opposizioni. L'obiettivo per Conte deve essere aumentare la separazione (la «cesura», la definisce) tra politica e sistema giudiziario. Ma come si possa raggiungere lo scopo non lo ipotizza neppure a grandi linee.
D'altronde si accavallano ormai proposte di ogni tipo, dalle più estemporanee a quelle meditate, nessuna delle quali mette in discussione il diritto dei magistrati a raggrupparsi in correnti politicamente orientati, né la possibilità per le correnti di decidere la carriera dei giudici: il vero guaio al centro dell'inchiesta.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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