La cupola di Mafia Capitale subito alla sbarra

RomaMafia Capitale finisce alla sbarra senza passare dall'udienza preliminare. Quasi tutti i protagonisti dell'inchiesta «Mondo di Mezzo» andranno a giudizio immediato il prossimo 5 novembre davanti alla decima sezione del tribunale penale. Entra così direttamente nel dibattimento l'indagine sul presunto «cupolone» mafioso scoperchiato dalla procura di Roma esattamente sei mesi fa, che vede fianco a fianco il «nero» (l'ex Nar Massimo Carminati) e il «rosso» (l'ex boss della coop 29 giugno Salvatore Buzzi) e che ha toccato esponenti politici delle ultime due giunte capitoline di centrodestra e centrosinistra.

È stata la procura capitolina a chiedere per 34 indagati il rito speciale che porta direttamente al dibattimento lo scorso 21 maggio, con una richiesta di trenta pagine che porta la firma del procuratore capo Giuseppe Pignatone e dei pm Michele Prestipino, Paolo Ielo, Giuseppe Cascini e Luca Tescaroli. E il gip Flavia Costantini ha concesso il giudizio immediato con un decreto che porta la data del 29 maggio, ritenendo che «gli elementi emergenti dalle fonti di prova» - informative del Ros, intercettazioni, verbali e interrogatori - «rendano inutile l'udienza preliminare, per la prevedibile mancanza dei presupposti di una sentenza di non luogo a procedere». I reati contestati dai pm sono, a seconda delle varie posizioni, associazione per delinquere di stampo mafioso (confermata sia dal Riesame che dalla Cassazione, lo scorso aprile), estorsione, usura, corruzione, turbativa d'asta, false fatturazioni e riciclaggio.

Tra le 34 persone coinvolte nelle indagini su Mafia capitale e interessati dal provvedimento del gip Costantini ci sono tutti i nomi più in vista colpiti dal terremoto dello scorso dicembre. Oltre a Carminati e Buzzi, il decreto manda direttamente alla sbarra anche l'ex braccio destro di Walter Veltroni, Luca Odevaine, ma anche Fabrizio Franco Testa - ritenuto dagli inquirenti «testa di ponte dell'organizzazione nel settore politico e istituzionale» - e l'ex ad dell'Ama, Franco Panzironi, «pubblico ufficiale a libro paga», scrive il gip, che avrebbe aiutato la presunta «cupola» nell'aggiudicazione degli appalti pubblici e come garante con la giunta capitolina fino al 2013.

A Odevaine viene, tra l'altro, contestata «la vendita della sua funzione» e «il compimento di atti contrari ai doveri del suo ufficio». In particolare sfruttando, secondo la procura, il suo ruolo al Tavolo di Coordinamento Nazionale sull'accoglienza per i richiedenti e titolari di protezione internazionale del Viminale, in modo da «creare le condizioni per l'assegnazione dei flussi di immigrati alle strutture gestite dai soggetti economici riconducibili» all'uomo della coop 29 giugno, Salvatore Buzzi, quello che, intercettato, si vantava che si facessero più soldi con gli immigrati che con la droga.

Odevaine a marzo era stato interrogato a lungo dai pm proprio sul suo ruolo a quel tavolo, ridimensionandone l'importanza e fornendo documenti per dimostrare che si trattava di un organismo meramente tecnico, senza i poteri per «orientare» alcunché. Ma evidentemente non deve aver convinto la procura. Che ricorda ancora come l'ex vice-capo di Gabinetto di Veltroni e poi capo della polizia provinciale all'epoca di Nicola Zingaretti avrebbe intascato 5.000 euro al mese da Buzzi, per conto del quale avrebbe inoltre effettuato «pressioni finalizzate all'apertura di centri in luoghi graditi al gruppo» dell'uomo delle coop. Intanto la notizia del giudizio immediato viene accolta con soddisfazione dal difensore di Carminati, Giosuè Naso.

«Siamo molto contenti - ha commentato l'avvocato - così guadagniamo tre mesi sulla sentenza. Abbiamo sempre detto che vogliamo fare il processo e confrontarci in dibattimento con la procura, per dimostrare prima di tutto che l'accusa di mafia non regge».

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica