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Dagli immigrati alle inchieste ora Renzi ha davvero paura

Il premier in difficoltà per l'emergenza immigrati: "Chi usa toni beceri perde". Le divisioni interne e i guai giudiziari rischiano di riversarsi sul voto di giugno

Dagli immigrati alle inchieste ora Renzi ha davvero paura

"Anziché continuare a inseguire la strada della paura, bisogna che l'Europa individui una direzione. Il Brennero è l'esempio più concreto di questo approccio". Alla direzione del Pd Matteo Renzi torna a mettere al centro della sfida europea la risoluzione dell'emergenza immigrazione. "Così si è poco credibili agli occhi della propria gente - sottolinea il premier - la scommessa dell'Europa è non creare fantasmi e non crederci a chi li crea. Chi fabbrica mostri e genera paura, sarà il vincitore". I sondaggi, però, non gli danno ragione. Indebolito dalla continue inchieste, che hanno riaperto nel Pd la ferita della questione morale, Renzi si trova in evidente difficoltà a poche settimene dalle elezioni amministrative.

Il primo step è sicuramente il voto di giugno. Già in quella tornata elettorale il premier avrà un assaggio dell'aria che tira. Potrà, dunque, farsi un'idea di quello che sarà in autunno quando gli italiani saranno chiamati a esprimersi sulle riforme costituzionali. Col referendum sul ddl Boschi Renzi si gioca, infatti, la faccia. Il risultato sarà una sorta di lasciapassare. O dentro o fuori. Il rischio per il governo è che converga su quel voto il malcontento degli italiani. Malcontento che passa anche attraverso l'incapacità di risolvere l'emergenza immigrazione. "Il Migration Compact, il documento che l'Italia ha offerto ai propri compagni di squadra, è un documento che dice che, se vogliamo credere all'Africa, dobbiamo avere una visione di insieme - dice il premier - quando sei di fronte a una questione come questa, non si possono avere come scelta, o utilizzare il tono becero e barbaro di alcuni, o rinchiudersi in un buonismo tipo 'forza venite gente, venghino venghino'. Entrambe le soluzioni sono destinate al fallimento". Il premier invita l'Unione europea a "farsi carico delle sofferenze di un continente come l'Africa, scegliendo di rimettere al centro il Mediterraneo".

L'immigrazione è solo una dei nervi scoperti del governo. Molti problemi gli arrivano, infatti, dal suo stesso partito. L'alleanza con Denis Verdini e il braccio di ferro con la magistrature sono stati solo gli ultimi due episodi che lo hanno visto all'angolo. "Io credo che noi non abbiamo nessun motivo per continuare, nelle prossime ore e nelle prossime settimane, una sfibrante discussione interna quando altri nostri amici sono impegnati sul territorio". Ma è proprio sul territorio che il Pd rischia guai maggiori. Le inchieste in Campania e a Lodi sono solo la punta dell'iceberg. Perché la questione morale al Nazareno è sempre più imbarazzante. Tanto che il premier non può che prenderne atto.

La preoccupazione più grande per Renzi è che tutto questo cenverga nel voto del 5 giugno. Da qui l'invito a "tirare su il simbolo del Pd", soprattutto nelle città dove "c'è il rischio di non andare al ballottaggio". "Le amministrative devono essere l'occasione per raccontare quello che abbiamo fatto soprattutto sui singoli territori", spiega alla direzione piddì chiedendo a tutti i militanti di "non vergognarsi a metterci la faccia" e spronandoli a "essere orgogliosi di una storia che ha rimesso in moto la speranza in Italia e cambiato l'agenda europea". Quindi, aldilà del risultato delle comunali, propone al partito "cinque mesi di mobilitazione straordinaria". L'obiettivo è debellare il referendum: "Il passato, il presente e il futuro si chiama Pd".

Ma a parlare è un premier che ha paura di andare a casa.

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