Dall'antica Roma ai giorni nostri: il politico rompe con l'ideologo

All'inizio tutto ok, poi il sogno si realizza e cominciano le liti

Dall'antica Roma ai giorni nostri:  il politico rompe con l'ideologo

Il brutto arriva quando vinci. È lì che tanti si perdono e comincia la nostalgia. Se è vero quello che raccontano Nicola Biondo e Marco Canestrari in Supernova, libro sul retrobottega dei Cinque Stelle, qualcosa del genere deve essere capitata anche a Beppe e Gianroberto. Non ci si riconosce più, si litiga, partono i vaffa, poi uno dei due muore e all'altro restano i sensi di colpa e i ricordi. L'euforia dei primi passi, la sfida, la scommessa, quando si è pochi e tutto è un'avventura. Non ci sono organigrammi, riunioni improvvisate, poche carte e tanti sogni, uno filosofeggia, l'altro incanta, uno butta giù lo spartito, l'altro si lancia sul fronte del palco. È così che cominciano le rivoluzioni culturali e politiche, poi gli dei per punirti realizzano i tuoi sogni e allora i giorni si fanno grigi, tutti uguali. Capita anche in amore. Grillo e Casaleggio senza dubbio si sono voluti bene. Beppe ha pianto la morte dell'amico. Ma forse è vero, lo sussurrano in tanti, negli ultimi tempi non era più come prima.

È quel vuoto che si crea a un certo punto tra l'ideologo e il leader, uno spazio bianco tra il regista e l'attore, un vuoto che rompe l'equilibrio. Forse solo Fellini e Mastroianni sono riusciti a camminare sul filo, ma in politica è molto più difficile. Ne sa qualcosa Umberto Bossi, che ha strappato in fretta l'ombra del professore padano maestro di federalismo. Il Senatùr mette piede al governo con il lasciapassare di Berlusconi. Gianfranco Miglio non lo segue, anzi si indigna. «Le riforme? Un programma demenziale». «È un vecchio fuori di testa che fa un putiferio perché non gli han dato la poltrona». «Bossi è un incolto, buffone, arrogante, isterico, arabo levantino mentitore, lo schiaccerò come una sogliola. Se mi si ripresenta lo caccio a pedate nel sedere». «Ideologo? No panchinaro». Va avanti così per una stagione. Botta e risposta. Si finisce con un peto nello spazio.

Qualche volta i professori si tolgono subito il berretto da ideologi, magari per occupare lo spazio del leader caduto. Negli anni '80 lo chiamavano il Dottor Sottile, ma la vera abilità di Giuliano Amato è sopravvivere al tramonto delle ideologie e al terremoto giudiziario che spiana un secolo di storia socialista. Non c'è neppure bisogno di litigare faccia a faccia con Bettino Craxi. L'astuzia vince sul carisma. Il palcoscenico ti scarnifica. Il potere si paga con un prezzo salato. Chi sta dietro le quinte, d'altra parte, si lamenta per l'ombra e perché l'attore in politica spesso scantona dal copione. A volte accade che il leader e l'ideologo facciano una brutta fine. Come Mussolini e Gentile, uno a testa in giù, l'altro crivellato nella sua auto.

Le vittorie, come detto, non sono mai come te le aspetti. Il Risorgimento è la realizzazione di un sogno, ma per uno come Carlo Cattaneo che sognava gli Stati Uniti d'Europa, come una sorta di America, l'Italia piemontese rimase indigesta. I patrioti sono uomini di pensiero e di azione, ma come leader il buon Cattaneo fu oscurato da Mazzini e Garibaldi, come un padre della patria un po' defilato. Magari perché troppo visionario e un po' anche per quel suo carattere non facile, di chi non accetta compromessi e si ritrova solo a combattere una battaglia in controtempo. È lui, più ancora di Mazzini, il padre putativo di tutti quelli che hanno immaginato il futuro dell'Italia e si sono ritrovati spiazzati, perché poi la storia prende strade malandrine e più trafficate.

Pensate a Marco Tullio Cicerone. La repubblica perfetta è stata l'ossessione di una vita. Sei tomi per parlare di virtù, di giustizia, di moderazione e di concordia. Cosa serve per cacciare fuori dalla storia le guerre civili? Un princeps illuminato, un primo cittadino carismatico ma non vorace, educato fin da piccolo nell'arte della buona politica. Cicerone come maestro e come allievo un giovane brillante dal grande avvenire. Un Cesare senza genio e senza demoni. Lo aveva trovato. Ottaviano. Ottaviano Augusto.

Chi meglio di lui? L'erede di Cesare ma senza quella grandezza quasi divina e ingombrante. Si sa come è finita. Ottaviano ha venduto il suo magister alla prima occasione. Roma val bene una morte, per quanto illustre. Le mani e la lingua di Cicerone appese al foro per futura memoria.

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