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Dato per morto almeno 5 volte: minacciava di conquistare Roma

Con la fine di Saddam, è lui a mettere in piedi l'Isis

Dato per morto almeno 5 volte: minacciava di conquistare Roma

Il Califfo, che ha terrorizzato il mondo minacciando di «conquistare Roma», simbolo della cristianità, era un ombroso teologo con 25 milioni di dollari di taglia sulla testa. Cinque volte dato per morto, si è conquistato il nomignolo di «fantasma» perché sembrava sparito nel nulla.

Il suo vero nome era Ibrahim Awad Ibrahim al-Badri, rampollo di una famiglia della media borghesia sunnita irachena di Samarra, dove nasce nel 1971. A Baghdad si laurea in Studi islamici, ma lo spirito jihadista salta fuori dopo il crollo del regime di Saddam Hussein grazie all'invasione alleata. Nel 2005, il futuro Califfo viene rinchiuso dagli americani a camp Bucca e in seguito rilasciato perché è «un prigioniero di basso livello». Teologo, più che combattente, fa carriera nei ranghi di Al Qaida in Mesopotamia di Abu Musab al Zarqawi. Quando gli americani fanno fuori la primula rossa del terrore in Irak, l'ombroso Abu Bakr al Baghdadi, nome di battaglia, coglie la palla al balzo.

Grazie all'ossatura superstite dell'esercito di Saddam, epurata dagli americani, mette in piedi il futuro Stato islamico. La rivolta in Siria contro il regime di Damasco è il primo campo di battaglia. L'espansione verso Baghdad arriva nel 2014 con la conquista di un territorio grande come l'Italia, a parte le isole, con 11 milioni di abitanti. Il 29 giugno l'oscuro e poco conosciuto capo dell'Isis si presenta in tunica nera sul pulpito della moschea A Nouri di Mosul. E si autoproclama Califfo annunciando per la prima volta l'obiettivo finale della conquista di Roma. Pochi mesi dopo ribadirà in uno dei suoi rari messaggi che «la marcia dei mujaheddin continuerà inarrestabile fino a quando non arriveremo a Roma».

Dalla proclamazione del Califfato viene dato per morto almeno cinque volte. La prima nel novembre 2014, quando un raid aereo mirato a Mosul colpisce una riunione di emiri dell'Isis. Due volte l'anno dopo, a tal punto che l'intelligence irachena è convinta che sia stato ucciso nel bombardamento del suo convoglio diretto verso il confine siriano. Nel 2016 lo danno per moribondo e costretto su una sedia a rotelle. Un anno dopo sono i russi ad annunciare di averlo probabilmente ucciso in un attacco dal cielo alle porte di Raqqa, la capitale storica dell'Isis. Ogni volta Al Baghdadi resuscita, qualche mese dopo, con messaggi audio che incitano i seguaci a continuare a combattere. L'ultimo è del 16 settembre e s'intitola «Agite».

Il crollo dello Stato islamico come entità territoriale alimenta la leggenda del Califfo in costante movimento, che non si ferma più di 48 in un posto come un «fantasma». I servizi americani sanno che non si stacca mai dal giubbotto esplosivo deciso a non farsi catturare vivo. L'apparizione in video il 18 aprile, stile Osama Bin Laden, con kalashnikov al fianco, serve per rivendicare la Pasqua di terrore nello Sri Lanka.

Il Califfo appare sovrappeso con un barbone spruzzato di grigio forse già al «sicuro» nella sacca di Idlib, l'ultima roccaforte jihadista nel nord ovest della Siria, dove gli americani sono andati a prenderlo a 14 chilometri dal confine turco.

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