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De Luca vuol sfilare la Campania ai dem

Il governatore piccona i vertici del partito e punta a rafforzare la sua corrente

De Luca vuol sfilare la Campania ai dem

Napoli - La storia si ripete dalle parti di Palazzo Santa Lucia. Il governatore Vincenzo De Luca è in trincea, elmetto in testa e baionetta alla mano. Fuori il Pd è in fiamme, lacerato dal flop elettorale (che per poco non costava la poltrona di deputato al figlio Piero, ripescato con grande difficoltà nel listino proporzionale a Caserta) e dalla guerra per bande che si è scatenata in vista del congresso regionale per la successione ad Assunta Tartaglione, che si dimetterà ufficialmente il 16 marzo.

Eppure 'o Sceriffo oggi è l'unico tra i big dem che può ancora muovere, con qualche libertà, le leve del potere per restare a galla. E, nei corridoi della Regione Campania, hanno già compreso che il suo obiettivo è finire il lavoro intrapreso dal M5S: demolire quel che resta del Partito democratico in Campania. Il lanciafiamme minacciato da Matteo Renzi lo ha impugnato lui, stavolta.

«Il Pd ha commesso errori gravi ed ha pagato», ha detto De Luca nel corso della immancabile tribuna a LiraTv, senza però accennare a un minimo di autocritica. «La condizione del partito, in molte parti del Paese, è un'aggregazione di notabili. Un doppio danno: un mondo chiuso di partito senza esser partito». Anzi, di più: un partito di «anime morte», il Pd «del niente». «Se si passa dal 41 per cento delle Europee alla metà di quei voti ha spiegato è perché non si sono sapute concretizzare le speranze dei cittadini» e inoltre «vuol dire che c'è un problema di radicamento sul territorio».

'O Sceriffo si ritrova nelle stesse condizioni in cui il suo predecessore Antonio Bassolino, nel 2008, affrontò il «ricambio generazionale» lanciato dall'allora neo segretario del Pd, Walter Veltroni, che lo considerava un «impresentabile». E, allora come oggi, la strategia è unica: resistenza a oltranza. De Luca non concederà nulla ai capicorrente che gli mordono i polpacci dall'insediamento (Lello Topo e Mario Casillo, vicini a Luca Lotti) e chiuderà la porta a possibili rimpasti di giunta che pure aveva promesso, qualche mese fa. Se il cambio nella squadra di governo ci sarà, servirà solo a rafforzare il governatore. Scelta che fece pure Bassolino, uscito ammaccato dall'emergenza rifiuti, quando azzerò la tolda di comando. Era il 4 marzo 2008. «Alla Regione Campania c'è una giunta diversa, più libera, più autonoma disse in quell'occasione Bassolino , in parte si può dire che è la giunta del presidente». A differenza di don Antonio, però, De Luca ha un'arma in più. La lista «Campania Libera» che lo ha affiancato nella campagna elettorale e che lo sostiene in consiglio regionale con un proprio gruppo.

Nelle intenzioni dell'ex sindaco di Salerno, dovrà diventare la nave rompighiaccio con cui attraversare i mari perigliosi del centrosinistra campano.

'O Sceriffo deve chiudere in grande stile la propria carriera politica e lanciare quella dei figli Piero, neo parlamentare, e Roberto, ex assessore a Salerno «azzoppato» nell'inchiesta di Fanpage e costretto alle dimissioni.

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