De Magistris è isolato Persino Ingroia gli dice di dimettersi

L'amico ex pm lo scarica: «È innocente, ma deve lasciare». Per i forcaioli ormai è impresentabile. Ma lui alza le barricate e annuncia: mi ricandido

È pomeriggio quando Luigi de Magistris annuncia alla città: «Nel 2016 mi ricandido a sindaco di Napoli». Il web ha ringraziato e fatto gli scongiuri. Ma è dalla sera di giovedì, quando è stato condannato a un anno e tre mesi dal tribunale di Roma per la vicenda Why not, che Giggino sforna annunci a mitraglia. Una produzione di dichiarazioni, video e note senza precedenti tra i pubblici amministratori caduti in disgrazia. Ma, su di lui si sono abbattute come una mannaia le parole di un altro leader politico ex toga, Antonio Ingroia (che con Giggino ha condiviso il consulente Genchi, condannato anche lui a un anno e tre mesi per Why not, ndr ) che, senza mezzi termini lo ha scaricato. «De Magistris è innocente, ma si deve dimettere».

Ma lui per ora resiste. Anzi, fa annunci a raffica. «La sospensione in base alla legge Severino? Non c'è automatismo, il prefetto non è obbligato a disporla», ripete anche in tv a Che tempo che fa su Rai3. «Farò il sindaco per strada». Poi, sarcastico: «Ringrazio Putin e Obama che non sono intervenuti, oltre al Santo Padre e al comandante della Nato». E, ancora: «Nonostante questa sterzata ingiusta e violenta da parte di pezzi delle istituzioni, io mi sento più rigenerato e forte, perché so di essere dalla parte giusta». L'ormai quasi ex sindaco di Napoli ostenta sicurezza e forza che, in realtà, non possiede più. Giggino ‘a bandana che cantava a squarciagola dal palco in piazza Municipio, poco dopo la vittoria del maggio 2011 (ottenuta con una maggioranza bulgara, espressione però solo del 50% degli aventi diritto al voto) è oggi un uomo solo, che non può più contare su una maggioranza forte in Consiglio comunale (36 consiglieri su 48 erano i suoi, ma, il gruppo via via è andato sempre più assottigliandosi). Il suo movimento «arancione» non esiste più e, anche l'Idv del suo ex amico e compagno di toga, Antonio Di Pietro è sparito dalla politica. Eppure l'artefice principale del dissolvimento del suo movimento è stato proprio lui, che strada facendo ha fatto fuori gli uomini e le donne che lo avevano accompagnato al successo: tra gli altri, gli assessori Pino Narducci (ex collega pm), Bernardino Tuccillo, Pina Tommasielli.

È un de Magistris «diverso» quello che riemerge dalla sentenza Why not, che vede complotti, attacchi dei poteri forti e una magistratura «ingiusta». Non è più il Giggino ‘a manetta che, da ex pm d'assalto ha costruito le sue fortune politiche, riuscendo a farsi eleggere deputato europeo e poi sindaco di Napoli, urlando contro il parlamento e le amministrazioni locali degli indagati. Dinanzi a molti di quei cittadini che lo avevano eletto (manettari e giustizialisti come lui) oggi appare come un impresentabile: condannato, con un vicesindaco a sua volta condannato in primo grado e sotto inchiesta per un'altra vicenda e destinato a prendere il suo posto, il rifondaiolo Tommaso Sodano. Il peggio che potesse capitargli in queste ore che precedono l'addio a Palazzo San Giacomo è il rumore dei nemici (per usare una battuta di José Mourinho). Primo tra tutti Antonio Bassolino, che già da mesi aleggia sulla testa di Giggino e dal quale l'ex pm ha ereditato tutti i mali della città. «La sua esperienza politica è finita», ha detto l'ex sindaco che aveva costruito le proprie fortune su tangentopoli.

Ma Giggino, come se fosse già in campagna elettorale, annuncia: «Sistemerò aiuole con i miei concittadini. Pur sospeso, sarò sempre io il sindaco». Magari riempirà anche le migliaia di buche stradali, che in tre anni e mezzo non da sindaco sospeso non è mai riuscito a colmare.

carminespadafora@gmail.com

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