La decisione choc dei giudici: Riina «interrogherà» Napolitano

L'avvocato del boss sfrutta l'acquisizione di nuove prove per porre delle domande al Colle Il presidente per non rispondere potrà usare le sue prerogative, riconosciute dalla Consulta

La decisione choc dei giudici: Riina «interrogherà» Napolitano

«S ignor Presidente, fu informato tra luglio e settembre 1993, o anche dopo, che si temeva un attentato contro la sua persona?». È una delle domande che martedì al Quirinale potrebbero essere rivolte a Giorgio Napolitano da Totò Riina. Non dal «Capo dei capi» di Cosa nostra in persona, ma attraverso uno dei suoi legali nel processo di Palermo sulla cosiddetta trattativa tra Stato e mafia.

L'avvocato Luca Cianferoni, infatti, ha ottenuto una vittoria: la Corte d'Assise di Palermo ieri ha ammesso la sua richiesta di esaminare il capo dello Stato, in base a una «nuova prova». In pratica, il boss potrà interrogare, anche se per interposta persona, il presidente della Repubblica come suo teste. Dopo il no dei giudici alla partecipazione di Riina in collegamento video-audio con la sala della deposizione, il suo legale ha escogitato questo altro modo per portare il padrino nel Palazzo. Sarà lui a salire sul Colle e a porre a Napolitano domande su quanto accadde nel '93, nel periodo delle stragi mafiose di Roma, Firenze e Milano. Diverse da quelle già previste dalla deposizione, che riguardano la lettera al presidente del suo ex consigliere giuridico Loris D'Ambrosio (scomparso nel 2012), sui dubbi di essere stato «utile scriba d'indicibili accordi», alla fine degli anni '80, quando era alla Superprocura antimafia.

Succederà, sempre che ci sia, precisano i giudici nell'ordinanza, la «disponibilità» del presidente, «di cui la Corte non potrà che prendere atto», per le prerogative costituzionali di cui gode.

Una situazione surreale, che potrebbe verificarsi il 28 ottobre oppure slittare nel tempo, anche di un anno. La legge infatti stabilisce che a sentire prima i testi sia il pm, poi le parti civili e solo alla fine i legali degli imputati. Martedì Cianferoni potrebbe interrogare Napolitano solo in contro-esame e non sulle domande che lui stesso propone, salvo che ci sia un accordo (difficile) tra le parti.

L'avvocato ha saputo sfruttare il deposito pochi giorni fa alla procura di Palermo di documenti dei servizi segreti, il Sismi di allora, sull'allarme nel '93 per il possibile attacco all'allora presidente della Camera e al suo omologo del Senato, Giovanni Spadolini. Niente di nuovo, perché le carte sono già finite nel 2002 nell'inchiesta dei pm fiorentini, ma la procura palermitana ha voluto acquisirle al processo e Cianferoni, con l'altro legale di Riina Giovanni Anania, ha chiesto su questa base, di porre a Napolitano nuove domande.

Istanza accolta ieri e sulla sala del Quirinale, che sarà affollata da 40 persone, grava tensione aggiuntiva. Vorrebbe tanto esserci anche l'ex pm Antonio Ingroia, che non rinuncia a porre le sue domande «impertinenti» a Napolitano dalle pagine de Il Fatto, essendo fuori dal processo nato dall'inchiesta istruita nel 2000, per la sua fallimentare avventura politica.

I documenti del Sismi, per la Corte d'Assise, sono una prova «nuova», che «non è manifestamente superflua né irrilevante».

E, riferendosi ad anni in cui Napolitano non era al Quirinale, non rientrerebbero nei limiti della sentenza della Consulta che ha risolto il conflitto di attribuzioni tra il Colle e la Procura di Palermo, riconoscendo appunto una serie di prerogative al capo dello Stato. Così, lo show quirinalizio inizia martedì e non si sa quando finirà.

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