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Il "Deep State" che vuole stritolare il Capitano

Il "Deep State" che vuole stritolare il Capitano

Alle 8.30 del mattino nella sala lettura di Montecitorio, Michele Zolla, vecchia guardia dc, già sottosegretario ai servizi di sicurezza ai tempi di Fanfani e per anni consigliere speciale del presidente Scalfaro al Quirinale, cioè dell' uomo che nel 94 imbastì l' operazione che fece fuori Silvio Berlusconi da Palazzo Chigi, parla del presente con un occhio al passato. E Zolla per la sua storia, per incarichi e filosofia, poteva essere ritenuto a ragion veduta all' epoca un personaggio, per usare il lessico dello slang politico americano, del «Deep State», cioè di quel mondo che è nel sistema, ma risponde anche a logiche al di fuori del controllo democratico allo scopo di salvaguardare il proprio modello di democrazia. In sintesi, lo status quo. «Quando ci si muove per pulsioni, sui sondaggi, - osserva Zolla si rischia di generare mostri, di mettere in pericolo la democrazia. Si parte dalla castrazione chimica e si arriva alla pena di morte. Berlusconi? Lasciamo stare».

Già, un tempo per il «Deep State» italiano e europeo, il personaggio che non aveva sensibilità istituzionale, pericoloso per le liturgie della politica, cioè il «politically incorrect» per eccellenza, era Berlusconi, che ne fece le spese con quei «quattro colpi di Stato» che elenca in ogni discorso. Oggi, invece, basta leggere in controluce le parole di Zolla, il bersaglio è Salvini. Chi si fa un giro nel Palazzo, specie tra gli esponenti di quella sinistra che si sente custode della tradizione, ne ha subito la conferma. «Il vero scontro confidava giorni fa Federico Fornaro, capogruppo alla Camera di Liberi e Uguali è tra il Deep State e la Lega. Salvini è letteralmente terrorizzato da Mattarella. È convinto che se c' è la crisi, non ci sono le urne, ma un governo Draghi con dentro Pd, noi, grillini e un pezzo di Forza Italia. Il Deep State fece fuori Berlusconi nel '94, portando Dini a Palazzo Chigi. Oggi vuole solo far fuori la Lega».

Questo succedeva qualche giorno fa, quando l' affaire russo era solo agli inizi. Ieri mentre nell' aula di Montecitorio il piddino Emanuele Fiano reclamava un chiarimento di Salvini tirando in ballo dieci volte «la sicurezza nazionale», Pierluigi Bersani, ad un simile esecutivo ha dato anche un nome.

«Se Salvini avesse aperto la crisi sull' onda della vicenda russa ha teorizzato - magari si metteva in piedi un governo per la salvaguardia delle alleanze, sotto l' ombrello della Nato (citazione di Berlinguer, ndr). Questa storia, comunque, avrà una ricaduta: l' Italia non avrà mai il commissario alla concorrenza Ue. Sono pronto a tagliarmi i cog in caso contrario. Al massimo un sovranista potrà avere il commissario all' Agricoltura». Un ragionamento che torna anche sulla bocca dell' ex ministro della Giustizia, Andrea Orlando, consigliere di Zingaretti: «Sulla vicenda russa, in caso di crisi poteva nascere in quattro e quattr' otto un governo per la difesa della patria dalle ingerenze straniere. Sicuramente avrebbe avuto anche il consenso dei grillini».

Così, piano piano i pezzi del puzzle di metà estate stanno andando al loro posto. La spy story moscovita, con la tradizionale appendice giudiziaria italiana e conseguente polemica politica, ha innescato tre meccanismi. Il primo si verificherà. L' affaire russo ha reso la candidatura leghista per un commissario economico di primo piano nella Ue più difficile se non impossibile: non per nulla i leghisti, sempre più scettici sulla possibilità di cogliere il risultato, hanno votato contro Ursula von der Leyen al Parlamento di Strasburgo, a differenza dei grillini che si sono messi sotto l' egida Ue. E intanto sul filo diretto tra il Quirinale e Palazzo Chigi sono tornati a circolare i nomi di tecnici simil Moavero. In più se Salvini avesse aperto la crisi avrebbe affrontato due incognite: una campagna elettorale caratterizzata dallo scandalo moscovita con la magistratura in campo; o, ancor peggio, un governo con dentro grillini e Pd, per usare l' espressione di Fiano, di «sicurezza nazionale». Un esecutivo che non avrebbe avuto bisogno di scomodare un altro tecnico, visto che ha Conte in casa. Un governo emanazione del «Deep State», come avvenne negli anni di Tangentopoli (Amato e Ciampi) e come si è ripetuto due volte con il Cav (Dini e Monti). Un governo basato sul quadrilatero Quirinale, tecnico a Palazzo Chigi, magistratura (al solito di rito meneghino), cancellerie europee, appoggiato in Parlamento da grillini (spaventati dalle urne) e, come sempre, dalla sinistra.
Ora c' è da capire solo se Salvini era consapevole di questo rischio per cui ha evitato la crisi. E se una simile prospettiva era nella mente di Mattarella.

I leghisti sono convinti di sì. «È allucinante insorge il sottosegretario all' Economia, Massimo Bitonci - Salvini aveva capito tutto. Se avessimo imboccato la strada elettorale questa storia ci sarebbe capitata tra i piedi. O peggio, ci saremmo beccati un governo giallorosso spacciato all' insegna della fedeltà atlantica. Invece, ora noi teniamo duro. Fra qualche mese vedremo se il Pd avrà il coraggio di attaccarci in Emilia perché noi abbiamo preso i rubli virtuali, mentre loro per una vita hanno preso quelli veri!». «Uno che sta al Viminale spiega il varesino Marco Maggioni queste cose le sa. Al solito abbiamo contro quella parte di Europa che non ama l' Italia. Quella che nel 2011 fece fuori Berlusconi, mentre Obama era contrario».

E Mattarella? I leghisti sono convinti che sul Colle sapessero. Del resto su al Quirinale si tifava per la crisi. Come ne erano certi i frequentatori più assidui dello studio alla Vetrata, da Franceschini e Delrio. Guarda caso nel Pd i più convinti assertori dell' apertura ai 5stelle. «Se Franceschini ne era certo ironizza lo stesso Fiano forse qualcosa sapeva». In fondo il riferimento del «Deep State» è sempre stato il Quirinale. Dai tempi di Scalfaro e Napolitano.

Il «Deep State» sono quei mondi a cui si riferisce il magistrato Palamara, quando in un' intercettazione dice: «Dovevo andare contro Berlusconi». O che permettono nella storia di un Paese cadenzata dalle intercettazioni, di distruggere solo quella che riguarda la telefonata tra Napolitano e Mancino. «Oggi quei mondi spiega il piddino Umberto Del Basso De Caro, con un passato socialista guardano a Mattarella, al tecnico Conte, alla Ue che fece fuori il Cav, alla magistratura. E hanno nel mirino Salvini. Motivo per cui il vicepremier sta fermo. Non infierisce su Lotti e dà la sua solidarietà a Sala per le vicende giudiziarie. L' unica cosa che Salvini non ha capito è che i grillini, con i rapporti che hanno con la magistratura, con quell' università Link in cui ci sono vecchi dc come Vincenzo Scotti, americani e russi, fanno parte di quei mondi».

Mondi che, per quel che si sa, non è detto vogliano che sia Salvini a decidere il prossimo inquilino del Quirinale, non in questa ma nella prossima legislatura.

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