"Dell'Utri resta in carcere per un reato inesistente. Lo dice anche un giudice"

Dopo l'assoluzione dell'editore siciliano Ciancio dal concorso esterno mafioso l'inviato del Tg5 ripercorre i casi più controversi in uno speciale in onda domani

"Dell'Utri resta in carcere per un reato inesistente. Lo dice anche un giudice"

Roma - Un giudice smonta il reato «assemblato» per antonomasia. Ma qualcuno per quello stesso reato resta dietro le sbarre. Il tema è quello del concorso esterno in associazione mafiosa, il giudice è il gip catanese Gaetana Bernabò Distefano, che a dicembre scorso ha prosciolto l'editore siciliano Mario Ciancio Sanfilippo perché quel reato per cui era indagato, appunto, «non esiste».Del caso, e di quel reato - «fantasma», eppure così concreto da far finire in galera, tra gli altri, l'ex funzionario del Sisde Bruno Contrada e l'ex senatore Marcello Dell'Utri - si parlerà domenica in seconda serata nello Speciale Tg5 curato da Andrea Pamparana. Che proverà a raccontare e ricostruire le anomalie tutte italiane sul concorso esterno mafioso, strano cocktail tra articolo 416 bis e articolo 110.«Il titolo - racconta il vicedirettore del Tg5 - è già eloquente, e si collega alle motivazioni del gip catanese: Ma se il reato non esiste.... Perché dopo aver visto quello che è accaduto in Sicilia a Ciancio, ripercorriamo a ritroso i casi più clamorosi di applicazione del concorso esterno in associazione mafiosa, in particolare con le vicende di Marcello Dell'Utri e Bruno Contrada».

Contrada, dopo che la Corte europea dei diritti dell'uomo ha condannato l'Italia a risarcirlo perché quel reato non era codificato all'epoca dei fatti, ha chiesto ancora, invano, la revisione del processo.

«Ho intervistato il suo avvocato, Giuseppe Lipera, che su quanto è accaduto a Catania commenta: Finalmente c'è un giudice in Italia. E ricorda che Contrada sta ancora aspettando il risarcimento per danni morali stabilito dalla Corte europea. Tardano anche le motivazioni del rigetto dell'istanza di revisione del processo di Contrada, che pure la Corte d'Appello di Caltanissetta avrebbe dovuto depositare entro 90 giorni, termine ormai scaduto».

Tornando al titolo dello speciale, ma se il reato non esiste, perché Dell'Utri è in carcere?

«Appunto. Il dibattito su quel reato fantasma - da sempre considerato controverso - ora merita di essere approfondito e chiarito. Gli avvocati di Dell'Utri, che hanno chiesto di annullare la condanna, dopo la sentenza definitiva della Cedu su Contrada, spiegano come non ci sia nel nostro ordinamento un automatismo che estenda gli effetti di quella decisione ad altre assimilabili, come in questo caso. Poi ho parlato anche con l'ex procuratore capo di Prato, Piero Tony, per anni magistrato di punta di Magistratura democratica».

Nel suo Non posso tacere, pubblicato dopo aver smesso la toga, Tony bolla il concorso esterno definendolo un «obbrobrio».

«Da garantista lui la spaccatura su quel reato, quando l'ho intervistato, l'ha riassunta così: Ci sono segugi che pensano sia meglio avere in carcere un potenziale colpevole di collusione con la mafia. E altri, come me, che ritengono inaccettabile che un innocente rischi di stare dietro le sbarre. Quanto alle denunce che ha messo nero su bianco nel libro, mi ha raccontato come molti suoi colleghi gli abbiano rimproverato di aver scritto quelle cose solo dopo essere andato in pensione. In realtà - mi ha spiegato - ho scritto solo le cose che ho sempre applicato nella mia vita e nel mio lavoro».

Detto da un (ex) magistrato, per di più di sinistra...

«Non è il solo.

Ho raccolto altre voci critiche, da Piero Sansonetti a Luigi Compagna, che nel 2000 insieme a Giuliano Pisapia propose l'abolizione di quel reato fantasma. E Compagna, citando Sciascia, ricorda come l'antimafia può essere pericolosa come la mafia».

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