di Francesco ForteNon bastava la confusione che si è creata, fra risparmiatori grandi e piccoli in Europa e in particolare in Italia, circa il futuro dell'economia e della finanza, che ha portato a una emorragia continua delle Borse. Ad aggiungere nuova incertezza e spazio per quotazioni negative, e per un rialzo dello spread fra titoli italiani e tedeschi sopra i 150 punti, ecco ora il mistero del nuovo ministero delle Finanze europeo, in aggiunta o al posto del commissario europeo per gli affari economici e finanziari. Attualmente, a Bruxelles, ci sono solo commissari, a indicare che essi coordinano i ministeri degli stati membri, non comandano su di essi, dato che, in regime democratico, se c'è qualcuno che può imporre una decisione al ministro, questo è il parlamento nazionale o europeo. Comunque dalla scarna notizia circa la creazione di questo ministro sito a Bruxelles, si può desumere che darebbe ordini ai ministri dell'Economia e Finanze di ogni nazione dell'Ue e potrebbe far la voce grossa con la Bce. Se il governo e il parlamento nazionale non accettassero tale decisione, scatterebbero sanzioni e punizioni per lo Stato in questione. Certo, non ci sarebbero più mercanteggiamenti circa le clausole di flessibilità per il deficit . Ma questa procedura sarebbe accettabile solo se le regole da applicare fossero chiare, se fossero state votate da un parlamento dell'euro zona e se il ministro in questione agisse con l'approvazione di un consiglio dei ministri dell'euro. Le regole attuali sul bilancio degli Stati membri, contenute nel «fiscal compact» non sono affatto chiare. Esso fissa il principio del quasi pareggio, cioè di un deficit non superiore a 0,5 per il «bilancio strutturale». La parola «strutturale» riempie bene la bocca, ma è più elastica di una gomma da masticare. Infatti sottintende che quel 0,5 va corretto per tenere conto della quantità di capacità produttiva non utilizzata. Se questa è 1 il quasi pareggio è 1,5. Se essa è 0,5 il quasi pareggio è 1 e così via. Ma la formula per calcolare la capacità produttiva non utilizzata non è mai stata stabilita. Al suo posto si usa «output gap», cioè differenza fra ciò che si produce e che si potrebbe produrre con le risorse disponibili. Siamo da capo: come si calcolano «gap» (divario) e «output» (prodotto) non si sa. Ad aggiungere confusione c'è la clausola per cui tutti i Paesi che hanno un rapporto fra debito e Pil superiore al 60% devono ridurre il deficit anche di più, per ottenere una diminuzione annua del 5% del debito sul Pil sino al 60%. Mentre la regola del pareggio è dotata di senso, perché implica di spendere quanto si produce e non di più, quella di ridurre del 5% annuo il debito in eccesso al 60% del Pil è una formula da apprendisti stregoni. Il mistero del nuovo ministero delle finanze non finisce qui. Il fiscal compact è in vigore solo per l'euro zona, perché gli inglesi non lo hanno firmato. Ma non esiste alcuna norma che istituisca il Consiglio dei ministri dell'euro zona, composto dai capi di governo o di Stato di essa; non si sa quanti voti avrebbe ciascuno Stato e con quale maggioranza semplice o qualificata questo organo dovrebbe votare. Di fatto le decisioni per la Grecia le ha prese la Germania, con la Francia e alcuni Paesi minori del Nord Europa.
Insomma, non si sa chi eleggerebbe il nuovo ministro delle Finanze, che dovrebbe applicare regole imprecise, facilmente contestabili, senza il consenso di un governo e parlamento dell'euro zona. Resta però il fatto che se Renzi non avesse preteso di fare un deficit eccessivo, noi avremmo più forza per obbiettare che i problemi non si risolvono con una nuova sospensione della democrazia.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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