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La destra blinda il 41 bis: "Lo Stato non arretra". Ma per il Pd il problema è la "deriva autoritaria"

Ora i dem attaccano il governo con un'interpellanza a Nordio sulle conversazioni di Cospito in carcere

La destra blinda il 41 bis: "Lo Stato non arretra". Ma per il Pd il problema è la "deriva autoritaria"

Il Pd scherza con il 41 bis, sottovaluta la minaccia anarchica del Fai a un manager Iveco, ai media e allo Stato e rischia di compromettere sia quanto di buono è stato fatto nella lotta alla mafia grazie al carcere duro, sia le istanze garantiste di chi legittimamente difende la natura rieducativa della detenzione.

L'apertura dell'indagine da parte della magistratura romana per rivelazione e utilizzazione del segreto d'ufficio a seguito dell'esposto di Angelo Bonelli (Alleanza Verdi e Sinistra) che chiede le dimissioni del sottosegretario Andrea Delmastro dopo la notizia dell'avviso di garanzia. La sinistra messa in imbarazzo dopo che l'esponente Fdi ha rivelato in Aula alla Camera gli incontri in cella tra una delegazione Pd, l'anarchico Alfredo Cospito e alcuni boss riprende così fiato. Nulla di nuovo sotto il sole: l'avviso di garanzia suona già come una condanna, nonostante le rassicurazioni del Guardasigilli Carlo Nordio. Il giochino è chiaro: indebolire la maggioranza usando strumentalmente la lotta dell'anarchico rimasto al 41bis per la sua pericolosità, agitando peraltro lo spauracchio di un'indagine penale nata già morta. Ma la partita che si è aperta ieri con l'interrogazione firmata dai maggiorenti dem rischia di provocare una pericolosissima crepa nell'unità della politica e delle istituzioni.

Cosa hanno chiesto ieri i capigruppo di Camera e Senato Debora Serracchiani e Simona Malpezzi, l'ex ministro della Giustizia Andrea Orlando, il vice segretario Peppe Provenzano e un manipolo di altri deputati? Che Nordio riveli quando sono iniziati gli ascolti dei detenuti ristretti al 41bis, chi erano i suoi vecchi compagni di cella e perché Cospito li ha cambiati e su quali criteri il Dap ha deciso questa «disomogeneità tra categorie di detenuti, incorrendo nel rischio di commistioni tra associazioni criminali di natura diversa». Insomma, il Pd accusa il governo di aver violato il segreto sulle conversazioni di Cospito ma in realtà vuol mettere alla sbarra Nordio e il Dap. Se anarchici e mafiosi volevano mettere in imbarazzo lo Stato, ci sono riusciti grazie al Pd.

Ad aggravare il quadro ci sono le parole dell'ex Guardasigilli Orlando, uno che quando stava in Via Arenula non ha mai messo in discussione il 41bis. «Anche se quelle carte fossero state divulgabili sul caso Cospito la destra italiana post-missina è autoritaria e non rispetta le opinioni degli altri, mettendo in discussione il diritto di un parlamentare sulla congruità delle misure che vengono assunte in uno Stato di diritto», dice Orlando a Fanpage.it. Su una cosa l'esponente Pd ha certamente ragione: «L'opinione pubblica si renderà conto di chi si è comportato secondo quello che prescrivono la Costituzione e le leggi e chi non l'ha fatto».

Sulle minacce anarchiche intanto il Pd tace colpevolmente, vanificando lo sgomento del ministro per la Pubblica amministrazione, Paolo Zangrillo che invano chiede «una condanna unanime, senza se e senza ma». Se l'opposizione tace, il messaggio dell'esecutivo è chiaro: «Di fronte a chi vuole alimentare un clima di odio e di violenza, riportando le lancette dell'orologio indietro nel tempo agli anni del terrore, lo Stato non arretrerà di un centimetro», sentenzia lo stesso Zangrillo. «Non ci lasceremo intimidire da queste azioni provocatorie», ammonisce il senatore di Forza Italia Maurizio Gasparri, che va durissimo contro l'opposizione: «Basta col turismo carcerario di Pd e altre sinistre a sostegno di Cospito e dei suoi vicini di cella mafiosi».

Anche a sinistra c'è chi condanna questa delirante strategia: «Non si usa la magistratura per colpire l'avversario politico.

Le dimissioni si chiedono per ragioni politiche, non perché uno è indagato», scrive su Twitter il deputato di Azione-Italia viva Enrico Costa, uno che «su molte cose la pensa all'opposto di Delmastro» ma che almeno intuisce come la posta in palio sia la tenuta dello Stato.

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