Il detenuto da violentare e il senatore M5s assolto

Paragone invocò sevizie in cella per un uomo che picchiò un disabile. Per il pm non c'è reato

Il detenuto da violentare e il senatore M5s assolto

Si può. Si può invitare i detenuti di un carcere a stuprare un compagno di cella, arrestato da poco per un delitto ignobile, anticipando con il codice non scritto della malavita il giudizio del tribunale ordinario. Per la Procura di Varese quella commessa dal giornalista - e oggi senatore grillino - Gianluigi Paragone era a tutti gli effetti una istigazione a delinquere, in grado di mettere a rischio l'incolumità di un detenuto. Paragone era stato rinviato a giudizio. Ma ieri è stato assolto con formula piena: «Il fatto non sussiste».

A finire nel mirino di Paragone era stato un signore di nome Angius Bachisio, arrestato nel luglio 2016 per avere picchiato un disabile all'entrata di una discoteca. La vicenda aveva sollevato, come si può immaginare, scalpore e indignazione. Nella sua pagina Facebook Paragone era andato giù particolarmente pesante: «Se tu picchi un disabile - aveva scritto - non sei più un semplice bullo. Sei una persona di merda... Questi non sono più dei bulli, sono dei violenti di merda che devono andare in galera e lì ci devono rimanere sette anni, perché le pene ci sono». Alla fine era arrivato l'appello allo stupro: «Una volta entrati in galera devono fare la mamma di qualcuno, che in gergo chi vuole capire lo capisce. Senza denti e con tutti i buchi tappati (...) questa reazione visto che le persone per bene non te la possono dare de la daranno dentro la comunità carceraria. Cosi vediamo se gli passa. Amici sardi, mi raccomando, fatevi sentire».

Era stato lo stesso magistrato che aveva arrestato Bachisio, il giudice preliminare di Nuoro Mauro Pusceddu, a denunciare alla Procura le dichiarazioni di Paragone. Nel processo che ne è seguito, si è appurato che l'esternazione del giornalista aveva avuto eco assai ampia (259mila visualizzazioni, 3.763 condivisioni e 240 commenti). Però in aula è poi venuto a testimoniare il direttore del carcere di Nuoro, che ha spiegato come i detenuti non abbiano a disposizione Internet e di conseguenza neanche Facebook, e quindi non potessero avere letto l'appello alla giustizia sommaria. È vero che nei giorni successivi anche giornali e tg, che invece in carcere arrivano, diedero conto delle frasi di Paragone. Ma le minacce effettivamente arrivate in carcere a Bachisio erano precedenti alla pubblicazione degli articoli.

Così in aula (il processo è stato celebrato a Varese, città di residenza di Paragone) lo stesso pubblico ministero Davide Toscani ha chiesto l'assoluzione del parlamentare grillino.

Nella sua requisitoria, il pm ha sostenuto che la carica istituzionale ricoperta attualmente attenua la gravità del fatto, essendo impensabile che un senatore della Repubblica inciti davvero alla violenza sessuale. E il giudice Alessandra Mannino ha assolto Paragone.

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