Dibba è uscito dal gruppo, ma non troppo. Critica i suoi ex colleghi ma non esclude il ritorno. Sente Beppe Grillo ma se la prende con Mario Draghi, definito grillino dal comico. È in contatto con Giuseppe Conte però è amico anche di Davide Casaleggio. Radicale ed ecumenico. Ribelle e piacione. Alessandro Di Battista è riapparso per presentare «Contro!», il suo ultimo libro edito da Paper First, la casa editrice del Fatto Quotidiano. Al giornale di Marco Travaglio recapita le anticipazioni del volume, tramite un'intervista pubblicata ieri. «Fu Luigi Di Maio a dirmi, a fine novembre 2020, che la crisi del governo Conte ci sarebbe stata», scrive nel libro. «Mi disse che Matteo Renzi non si sarebbe fermato», aggiunge rispondendo al Fatto. L'ex deputato racconta di nuovo di quando gli proposero di diventare ministro del Conte bis, ma insieme a Maria Elena Boschi. «Per il bene del M5s dissi di sì», ricorda Di Battista in una diretta con Andrea Scanzi nel pomeriggio. E poi? «Mi chiamò Stefano (Patuanelli ndr) e mi disse che c'era un problema e che dal Pd avevano detto se entra lui entra anche la Boschi». Quindi non se ne fece niente. Ma la rivelazione vera è sul Conte ter appoggiato dai responsabili. Un governo mai nato di cui l'ex grillino avrebbe voluto far parte. «Ho detto a Luigi Di Maio e a Stefano Patuanelli che avrei accettato di fare il ministro qualora fosse arrivata una proposta concreta. Mi sarebbe piaciuto occuparmi di Politiche giovanili», si legge nel libro. In ballo anche l'Ambiente, «ma non volevo minimamente inimicarmi Sergio Costa, un servitore dello Stato».
Tutto salta quando parte l'operazione-Draghi. «Se il M5s fosse andato dritto come un treno con Conte fino alla fine Draghi non avrebbe accettato», continua parlando con Scanzi. Di Battista si piace e si compiace del fatto che nel M5s continuino a chiamarlo regolarmente. «In diversi, sia ex che eletti ancora dentro», spiega al quotidiano filo-grillino. Sente sia Grillo sia Conte, «Davide (Casaleggio ndr) è un amico» e fa sapere che a Roma sosterrà Virginia Raggi. Fuori, eppure con un piede dentro. Nel libro vengono sottolineate le divergenze politiche con il Garante: «Non sono io a non pensarla più come lui, è Beppe che non la pensa più come me». Ogni tanto riavvolge il nastro e racconta di quando a Marina di Bibbona nella villa di Grillo, prima del Conte bis, avvisò tutti del rischio di allearsi con il Pd. «Ero minoranza. Per amor di verità Luigi Di Maio, in quella fase, la pensava come me», racconta. Ora la kriptonite è Silvio Berlusconi al governo. A far tornare gli azzurri in maggioranza «ci hanno pensato Draghi, Renzi, Gianni Letta, lo stesso Mattarella e, soprattutto, l'accidia del M5s».
Prese di posizione che arrivano in un'altra giornata di schermaglie tra Conte, Vito Crimi e Casaleggio.
Il reggente mercoledì ha dato un ultimatum di cinque giorni a Rousseau per consegnare i dati degli iscritti. L'imprenditore non vuole mollare ed è pronto a far finire in tribunale la rifondazione dell'ex avvocato del popolo.
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