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Il dicembre nero di Landini: si arena la "rivolta sociale"

Il leader Cgil in ritirata dopo il flop degli scioperi, la fine dell'effetto Flotilla e lo sgombero di Torino. Governo saldo

Il dicembre nero di Landini: si arena la "rivolta sociale"
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A metà tra la disfatta di Caporetto e la barzelletta del golpe Borghese. Ecco il dicembre nero del capo della Cgil Maurizio Landini, silente da giorni, tra flop, spallate fallite e pre-pensionamento. Il numero uno della sigla rossa voleva sfrattare il governo a colpi di scioperi e interviste tv. Rischia di essere sfrattato, presto, da Corso Italia. Era già tutto pronto per il 12 dicembre. Milioni di italiani in piazza per mandare a casa il governo Meloni. Una golpe popolare. Un film che però non si è realizzato. Il governo è più solido che mai.

Landini sognava per il 12 dicembre, giornata dello sciopero generale, l'assalto finale. Il momento clou della rivolta sociale evocata un anno fa all'assemblea generale Cgil di Milano. La realtà dice altro. È un clamoroso flop. Il golpe contro il governo Meloni fallisce. A maggio Landini dirà addio, per raggiunti limiti di mandato, alla Cgil. Per lui si aprono le porte del Parlamento con la maglia Pd. Pensione dorata a 15mila euro al mese per tutti i segretari Cgil. Prima di lui hanno fatto la stessa trafila Susanna Camusso, Guglielmo Epifani e Sergio Cofferati. La fine del 2025 racconta ormai di un Landini in crisi. Debole e sfiduciato dai lavoratori. La sua mobilitazione generale contro Meloni è stata un fallimento. Numero di adesioni bassissime. Nel pubblico impiego la partecipazione allo sciopero si è fermata all'4,4%. Nella scuola al 3,8%. La metà degli iscritti Cgil se ne è restata in ufficio. Il dato sulla partecipazione complessiva tra i lavoratori è stata inferiore al 5%. Da golpe ad autogol. Aveva sperato in un aiuto dai movimenti antagonisti. Eppure lì la mano ferma del governo ha tolto un alleato al capo della Cgil. Lo sgombero di Askatasuna toglie altra benzina alla rivolta sociale. Giorgio Airaudo, l'uomo di Landini in Piemonte, cerca di riaccendere la miccia: "Il governo non vuole il dissenso".

Dicembre doveva essere il mese dell'assalto al cuore del potere meloniano. Calendario da brividi. Ogni tre giorni in piazza. Martedì 9 prima mobilitazione. Poi a seguire l'11 e il 12 con lo sciopero generale. E infine due giornate di mobilitazioni il 17 e il 22 con proteste di settore. Tutta fuffa e propaganda. I numeri Cgil sono un disastro. Le iscrizioni calano. Fioccano le disdette: 45mila addii solo nel 2024. Un crollo mai visto prima. Nella "rivolta sociale" perde i principali alleati. Si spezza l'unità sindacale. Allo sciopero generale del 12 Uil e Cisl hanno scelto di non aderire. Lasciando isolato Landini. Ma non solo. A Genova Uil e Fiom-Cgil vengono alle mani durante la manifestazione per l'Ilva. In realtà i giornali raccontano di un assalto da parte dei sindacalisti Fiom contro quelli della Uil. Landini non si scusa. Non dice una parola. È il segnale di un leader in ritirata. Prima del caso di Genova c'è un altro episodio degno di nota nell'eclissi landiniana: la spaccatura con l'Usb che sta rubando la scena alla Cgil e attivisti per gli scioperi. Ogni occasione però è buona per aizzare la piazza contro il governo. C'è il referendum sul Jobs act di cui la Cgil si intesta la paternità. È una sconfitta. Poi è il turno della Flotilla, la nave di aiuti partita dall'Italia verso Gaza. Landini prova a mettersi nei panni delle Ong. Porta i lavoratori in piazza. Ma il suo sciopero viene dichiarato illegittimo: multa di 60mila euro irrogata dal Garante.

Intanto, i conti del sindacato vanno male. In Sicilia spunta un pessime. Ora l'ultima partita che Landini proverà a giocare è al referendum sulla giustizia.

La Cgil è in campo per il no, contro la separazione delle carriere. Cosa c'entra con il lavoro? Quasi nulla. È però l'ultimo treno per Landini e per la sua rivolta sociale. Dopodiché ci sarà pensione. Pagata dagli italiani in Parlamento. Grazie al Pd di Elly Schlein.

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