Cronache

La difesa dell'arte fa 50 anni: "Il Perugino preso ai narcos"

La storia del Comando tutela del patrimonio artistico pare un romanzo. E ora è anche diventata una mostra

La difesa dell'arte fa 50 anni: "Il Perugino preso ai narcos"

Vedendole esposte alle pareti della Palazzina Gregoriana al Quirinale è difficile immaginarsi le storie che si celano dietro alle opere d'arte trafugate negli anni in Italia e poi recuperate, spesso all'estero, dai carabinieri del Comando tutela patrimonio culturale. Storie di furti su commissione, di ricche signore che si sono infatuate di qualche pezzo pregiato esposto nella teca di un museo piuttosto che nella vetrina di un negozio, di blitz a mano armata tra i quadri, quando non di capolavori dati in garanzia per il pagamento di una partita di droga. Come accaduto in Giamaica, negli anni '90, con una tela del Perugino che adesso è tra le opere esposte nella mostra «L'arte di salvare l'arte. Frammenti di storia d'Italia», inaugurata il 3 maggio fa dal presidente Sergio Mattarella e aperta al pubblico fino al 14 luglio, dove in occasione dei 50 anni del Comando tutela patrimonio culturale sono esposte le opere più significative recuperate dagli 007 dell'arte, oggi al comando del generale Fabrizio Parrulli.

Dietro a molti di questi pezzi unici ci sono racconti rocamboleschi di come capolavori di inestimabile valore sono stati sottratti al bene pubblico, spesso per andare a soddisfare i capricci di collezionisti senza scrupoli. A volte le storie sono davvero incredibili, come quella del clamoroso colpo messo a segno alla Pinacoteca di Bettona, in provincia di Perugia, nel 1987. Una banda di professionisti entrò di notte nell'ufficio del sindaco e si impossessò delle chiavi del museo. Adesso, esposta nella sala del Rinascimento, al Quirinale, c'è la Madonna della Misericordia, opera tarda del Perugino, che quella notte di tanti anni fa venne portata via insieme ad altre 28 opere d'arte. Gli investigatori dell'Arma riuscirono a seguire la refurtiva all'estero. «Le opere - racconta ora il comandante Parrulli - erano arrivate fino in Giamaica dove un grosso personaggio le aveva acquisite perché la banda che aveva messo a segno il furto le aveva date a garanzia per il pagamento di una partita di droga. Le opere rimasero a lungo ferme in Giamaica perché questa persona, molto conosciuta e influente ai Caraibi, godeva dei favori dei politici locali. Soltanto quando cambiò il governo e vennero meno le coperture locali riuscimmo a riportare le opere in Italia». Poi c'è la storia di quella collezionista russa che tentò di aggiungere ai suoi pezzi pregiati i bellissimi gioielli della collezione Castellani, un'importante famiglia orafa dell'Ottocento, custoditi nel museo etrusco di Valle Giulia. La signora se ne innamorò e commissionò il furto ad una banda criminale che mise a segno una vera e propria rapina, utilizzando anche delle granate fumogene per creare il panico e fuggire via con il prezioso bottino.

Recupero di oggetti rubati, ma non solo. Nelle sale dell'esposizione si possono vedere anche filmati girati nelle zone terremotate dell'Italia centrale dove i caschi blu del patrimonio culturale sono ripresi mentre lavorano tra le macerie per recuperare le opere d'arte. L'impegno nelle zone colpite da eventi catastrofici si affianca a quello nelle aree di crisi, come in Iraq, dove i carabinieri formano e assistono le forze di polizia irachene e il personale del ministero dell'antichità e della cultura.

«Sono tanti i Paesi che si rivolgono a noi per cercare di imitare il nostro modello e noi siamo felice di condividere la nostra esperienza», spiega il comandante Parrulli.

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