"Difesa e cyber-sicurezza, l'Italia è in ritardo di 10 anni"

L'esperto della Tel Aviv University: «Criminalità, terrorismo ed esercito, è in gioco la sicurezza nazionale»

"Difesa e cyber-sicurezza, l'Italia è in ritardo di 10 anni"

Garantire la sicurezza nazionale attraverso i nuovi sistemi cibernetici è la frontiera del domani, anche per il contrasto al terrorismo internazionale. Lior Tabansky, coordinatore di tutte le ricerche del principale centro di Cybersecurity e Cyber Defence della Tel Aviv University, ne è certo. È a lui che, nel 2009, Netanyahu ha affidato il compito di far diventare Israele una grande potenza digitale.

Quanto è importante la cyber security in un mondo che ormai si basa quasi totalmente sul digitale?

«La Difesa nazionale cambia per diverse motivazioni. I dati sono spesso di libero accesso, ma le informazioni non lo sono. Molte delle nuove fonti del potere dipendono proprio dalle informazioni e serve qualcuno che abbia le capacità di analizzarle e comprenderle. Basta guardare alle aziende più quotate nel mondo e capire come tutto si sia modificato negli ultimi dieci anni».

Quali sono i cyber attacchi più frequenti?

«Le tipologie di attacchi sono mutati. Aria, mare, terra, sono elementi fisici. Oggi giorno, le capacità cibernetiche riescono a raggiungere l'obiettivo direttamente, senza incontrare alcun tipo di difesa fisica. Essi, attualmente, non sono ancora molto frequenti, ma quando si viene esposti a tale esperienza ci si rende conto immediatamente che la concezione di superpotenza o Paese debole che conosciamo attualmente non è più valida».

Israele è all'avanguardia in questo campo. Cosa può imparare l'Italia da voi?

«L'Italia ha tutti le risorse per avere delle capacità sulla sicurezza cibernetica: conoscenza, tecnologia, risorse umane, capacità militari e industria. Quello che manca al vostro Paese è un altro aspetto importante: la strategia, ovvero una prospettiva per i prossimi 10 anni e le modalità per raggiungerla. La sicurezza cibernetica è divenuta un bisogno trasversale, l'aspetto militare è solo uno di questi, mentre quelli più importanti derivano da elementi non direttamente legati alla difesa dello Stato. Gli obiettivi sono diversi, quali lo sviluppo sociale tramite l'analisi di grandi quantità di dati, città intelligenti e l'incremento della crescita economica tramite l'ingresso e l'utilizzo di nuovi modelli di business, attraendo investimenti stranieri e potendo loro assicurare la sicurezza cibernetica».

Quali sono le misure attualmente a disposizione per bloccare i terroristi? Si può fare di più?

«Il miglior modo di difendersi da questo tipo di minacce è quello di investire in personale con conoscenze nel campo dell'intelligence e condividere le informazioni tra le diverse organizzazioni e Paesi con le stesse modalità, in modo da poter agire più velocemente ed efficacemente».

E le strategie da mettere in atto in Italia?

«La separazione tradizionale tra Forze militari e di polizia non è produttiva nel campo della sicurezza cibernetica. Nelle azioni di anticriminalità la polizia ha spesso meno risorse di quelle in possesso delle organizzazioni militari e questo è antiproduttivo, in quanto le organizzazioni criminali sono spesso quelle più capaci di approfittare dell'ambiente cibernetico. Già adesso le organizzazioni criminali hanno il controllo e traggono benefici da tutto quello che deriva dal crimine cibernetico. Spesso le stesse lavorano con gli Stati o per gli Stati ed è per questo che c'è bisogno di spostare più risorse e capacità di difesa in questo campo».

Si spieghi meglio..

«Il calcolo e la conoscenza sull'Al e quantum sono la prossima sfida nella rivoluzione digitale.

L'Italia è uno dei Paesi leader per la ricerca scientifica su Al e quantum. Ma anche qui nasce il problema di sviluppare una strategia cercando di capire cosa si vuole veramente ottenere e perché. Solo allora si potrà veramente pensare a come poterlo fare».

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