La profondità nel silenzio del Papa ad Auschwitz-Birkenau. Bergoglio ha imitato Dio. A quel tempo, il tempo della Shoa, il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe lasciò fare. Era stato zitto. In certi locali, prima delle camere a gas, negli spogliatoi, le mietitrici di capelli tagliavano le trecce alle ragazze. Bambini e madri, vecchi decrepiti e belle adolescenti finivano ammassati sotto le docce credevano ! - e rapidamente sbuffi di Zyklon B ne bruciavano il respiro. Nelle miniere, in presenza di gas velenosi, i rilevatori topi e canarini muoiono subito perché sono piccoli, e le madri ebree così videro morire per primi i bambini. Come faceva Dio a non soffiare su quel gas, spazzandolo, a non farlo ingoiare ai carnefici? A non mettere frammezzo la verga di Mosè che in Egitto piegò il Faraone per fermare la macchina tecnologicamente perfetta della strage? Uomini di tempra eccezionale come Elia Wiesel persero la fede, prosciugata da quell'inettitudine divina. Non può esserci un Dio così, un Dio che fa silenzio, non può esistere, vuol dire che è morto, morto come quei bambini sussultanti come scriccioli e poi calpestati dagli adulti sui pavimenti lavati col disinfettante. Il Dio di Israele, ma anche il Padre-nostro-che-sei-nei-cieli del Nazareno che cosa aveva da fare e dire di più importante che mostrare la sua forza buona ad Auschwitz-Birkenau? Lasciò fare. Uno che è Onnipotente ha il potere anche di fermare il male. Non lo fece. Insopportabile. Ieri Francesco ha detto, tacendo, tappandosi la bocca, che Dio però c'era. C'era come adesso. Taceva allora allo stesso modo. Ma non era lontano. Cammina nei pressi. Il suo nome è misericordia, dice il Papa, ed è il titolo del suo ultimo libro (intervista con Andrea Tornielli, Piemme). Vaglielo a spiegare, dillo qui ad Auschwitz. Non lo ha detto il Papa. Infatti c'è un guaio: che Dio-Misericordia lascia che gli uomini anche i malvagi siano liberi. Possono scegliere. Fare il male o il bene. Fino alla misura oltre ogni misura. Bergoglio non ha neppure detto quel che qui io sono obbligato a scrivere perché le pagine non si possono riempire di silenzio. Non ha giustificato Dio, non ci ha provato a trovare le parole che non ci sono.Cristo in Croce parlò sette volte, con brevi frasi. Disse: «Ho sete». Quanta sete di verità, di giustizia, di bene, di pace su quei vialetti spogli, tra le baracche di Auschwitz. Gesù disse anche: «Donna ecco tuo figlio. Figlio ecco tua madre». Essere madri e figli, davanti alle morti innocenti, provare a cambiare. Il Papa lo ha pensato, forse. Ma zitti ora. Non sappiamo quali parole, concetti, sentimenti abbiano frequentato la mente del Vescovo di Roma in quei minuti. Forse aridità, l'asciutto, la gola secca, la saliva che non va giù per la strozza e non permette di avere pensieri decenti, ma solo voglia di morire, e insieme mendicare a Dio di manifestarsi, di far rifiorire quelle ossa trasformate in cenere, come dice il profeta Ezechiele, ma era prima di Auschwitz. Vale ancora? Si è seduto al buio, nella «cella della fame», Francesco, dove padre Massimiliano Kolbe, francescano, seppe dire poche parole all'aguzzino. Kolbe chiese di sostituire un condannato a morte padre di famiglia. Il capitano delle Ss fece il massimo che il suo coraggio gli concesse: uccise Kolbe invece del suo compagno. Lì, Dio, con piccolissima voce, con un gorgoglio leggero di misericordia, spezzò la logica di Auschwitz, grazie alla libertà di un misero frate.
Ma bisogna fare silenzio perché voci così si possano udire, e Dio faccia sapere così di essere ferito, e di essere anche stato ucciso, ma risorge; in questo silenzio di noi donne e uomini che accompagnano con rispetto il cammino tremulo e senza parole del Papa, risorge.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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