Coronavirus

"La discesa sarà lenta. Il primo Natale sicuro sarà quello del 2021"

L'infettivologo del Gemelli: "Niente fretta, bisognerà aspettare per immunizzare tutti"

"La discesa sarà lenta. Il primo Natale sicuro sarà quello del 2021"

«Natale senza mascherina? Sì ma nel 2021». Il professor Roberto Cauda, ordinario di Malattie Infettive all'Università Cattolica, Policlinico Gemelli, riprende la battuta dell'immunologo statunitense Anthony Fauci «con il quale ho avuto l'onore di lavorare anni fa».

Professore dopo l'annuncio della Pfizer anche il vaccino di Moderna è in dirittura d'arrivo con un'efficacia del 94 per cento. Quale le sembra più promettente?

«Abbiamo otto vaccini in fase 3 avanzata, tutti a buon punto come quello di Astrazeneca in collaborazione con Oxford. Ho sempre detto che avremmo avuto più di un vaccino grazie a uno sforzo globale e questa è davvero un'ottima notizia. L'annuncio di Moderna che segue di pochi giorni quello di Pfizer indica che arriveranno al traguardo quasi contemporaneamente, subito dopo il via libera delle autorità: Fda statunitense, Ema per l'Europa e ovviamente in Italia l'Aifa. La profilassi di Moderna sembra di più facile conservazione e credo basti una sola dose».

Pensa che ci siano rischi per vaccini realizzati così velocemente?

«Dobbiamo considerare due elementi cruciali rispetto ai tempi di realizzazione di un vaccino. Per quello contro la poliomelite ci vollero più di dieci anni. Ma la scienza ora è molto più evoluta e procede spedita grazie alla biologia molecolare. Poi dato che quella del coronavirus è un'epidemia globale anche lo sforzo per la produzione della profilassi è globale e quindi più veloce. I due pilasti sui quali si regge un vaccino, efficacia e sicurezza, saranno valutati in modo approfondito».

Chi sarà vaccinato per primo?

«Giusto procedere per cerchi concentrici. Prima gli operatori sanitari, i più esposti, poi i soggetti più fragili e gli anziani. Questo virus non muta facilmente dunque l'auspicio è che un vaccino messo a punto sulle sequenze che si conservano del coronavirus possa essere duraturo nel tempo. Altra questione è quella della durata dell'immunità, potrebbero essere necessari richiami. Per vaccinare tutta la popolazione occorrerà aspettare ma il virus grazie al vaccino si depotenzierà».

La curva epidemica sta rallentando. Il ministro della Salute Roberto Speranza ritiene che in una decina di giorni si raggiungerà il plateau. Condivide questa analisi?

«L'esperienza della prima fase ci ha insegnato che con un lockdown duro in un paio di settimane la diffusione del virus frena. Assistiamo a un rallentamento significativo in questi giorni in Francia proprio dopo 15 giorni di chiusura. Questa volta l'Italia ha scelto la regionalizzazione del lockdown e dunque inevitabilmente la decrescita sarà più lenta ma d'altra parte era necessario conciliare diverse esigenze. Certo la frenata deve essere più significativa e se l'Rt non scende sotto 1 si andrà a misure più stringenti. I Paesi europei hanno adottato modelli diversi: si va dall'estremo della Svezia al nostro lockdown rigido. Personalmente non credo al modello stop and go: due settimane di chiusura periodiche. Se questo modello a macchia di leopardo è davvero efficace lo scopriremo soltanto se ci sarà un'inversione di tendenza: la velocità ridotta non basta per riaprire».

L'Istituto dei Tumori di Milano ha ipotizzato l'arrivo del coronavirus in Italia già nell'estate del 2019. Ritiene l'ipotesi plausibile?

«Lo studio è stato sicuramente condotto in modo rigoroso dai colleghi dell'Istituto che rappresenta un'eccellenza.

Ritengo però richieda ulteriori verifiche perché potrebbe trattarsi di cross reactivity rispetto ad altri coronavirus».

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