Coronavirus

Djokovic choc: "No agli Slam se c'è l'obbligo di vaccinarsi"

"Non sono un no-vax, ma rinuncerò a tutti i prossimi tornei se sarò costretto a vaccinarmi"

Djokovic choc: "No agli Slam se c'è l'obbligo di vaccinarsi"

«Non sono un no-vax, ma rinuncerò a tutti i prossimi tornei se sarò costretto a vaccinarmi». In questa frase c'è tutto Novak Djokovic, l'uomo che vive in simbiosi con il mondo tanto da non riuscire ad accettare la realtà. Il numero uno del mondo del tennis (ma per quanto?) è tornato finalmente a parlare dopo la tragedia personale vissuta in Australia. Quella umana che lo ha visto finire in un centro di detenzione e poi espulso dal Paese, quella sportiva con il rivale Nadal che a Melbourne ha portato il conto degli Slam a 21. Uno più di lui. E le sue prime parole dal allora sono arrivate alla Bbc, che ieri sera ha mandato in onda l'intervista con il giornalista Amol Rajan.

E insomma: no, Nole non cambia idea, seguendo la sue idea di libertà che corre sempre sul filo della (sua) verità. In Australia aveva ragione lui, e continua ad avere ragione anche oggi pur tenendo «una mentalità aperta» sulla possibilità di vaccinarsi in futuro, visto - dice - che «a livello collettivo si stanno facendo sforzi enormi per cercare la soluzione migliore possibile per far terminare la pandemia». Magnanimo quasi, eppure risoluto: «Sono pronto a rinunciare al tennis se mi obbligheranno a fare il vaccino per giocare. È il prezzo che sono disposto a pagare». Ma d'altronde «spero di poter giocare per ancora molti anni». Sembra di essere sull'ottovolante, diciamolo. Ma almeno un passo avanti è stato fatto, quello in pratica di capire che non ci sono scappatoie davanti alle regole. Ogni scelta è lecita se si è disponibili a pagare le conseguenze. Questo Djokovic sembra averlo capito, anche se comunque il fatto di non aver dichiarato sui documenti il suo passaggio in Spagna prima di andare a Melbourne resta «un errore involontario». Sarà: sulla questione e sulle cantonate sue, dell'organizzazione del torneo, del governo di Victoria e di quello federale ormai si è scritto tutto. Certo è che il «non sono un amico, ma...» assomiglia a una di quelle scuse che il manuale del politicamente corretto ha costruito in questi anni. E così, alla fine, la chiosa perfetta alla vicenda l'ha messa Ryanair con un tweet al veleno: «Noi non siamo una compagnia aerea, però facciamo volare aereoplani...».

Trend topic per sempre.

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