Doppia mazzata sulle imprese Pagare le tasse costa 7.500 euro

È la spesa annuale stimata da ImpresaLavoro per divincolarsi nella giungla dei tributi

Doppia mazzata sulle imprese Pagare le tasse costa 7.500 euro

Tasse che non accennano a diminuire. A partire dalla Local tax, che il governo si appresta a varare senza fare risparmiare un centesimo ai cittadini. Poi, tasse che servono ad alimentare una macchina burocratica che a sua volta fa sprecare tempo e denaro a chi crea ricchezza per il paese.

Il centro studi ImpresaLavoro ha calcolato che essere in regola con il fisco costa carissimo ai cittadini italiani. Un'azienda media spende 7.559 euro all'anno per sbrogliare le complicazioni burocratiche del fisco. Un macchina alimentata dalle stesse tasse e che contribuisce a rendere il paese più povero.

Caso unico in Europa. Solo da noi un'azienda deve dedicare in media 269 ore di lavoro all'anno per preparare, compilare e pagare i moduli relativi alle imposte sul lavoro, sul valore aggiunto e sui redditi di impresa. Lavoro dei dipendenti sottratto all'attività produttiva. Il Paese più vicino al nostro in termini di tributo al grande fratello fiscale è la Germania con 218 ore. In Francia il fisco richiede solo 137 ore all'anno. Segno che anche una burocrazia mastodontica come quella dell'Esagono, non grava necessariamente sui cittadini.

Ci battono solo la Bulgaria, l'Ungheria e la Repubblica Ceca, dove però il costo del lavoro è molto più basso del nostro e quindi la perdita per le imprese è ridotta.

Di inversioni di rotta in vista non ce ne sono. Il 730 precompilato è ancora da testare. E la giungla di tributi è sempre quella. Per non parlare di un alleggerimento della pressione fiscale.

La Local tax è nata come semplificazione e come riduzione delle imposte locali. Ma in pochi ci credono. «Innanzitutto cerchiamo di introdurla, poi vedremo di fissarla perché sia conveniente per tutti», ha spiegato ieri il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan. Tradotto, la nuova imposta locale che sostituirà Imu, Tasi e Tari non farà risparmiare nessuno.

Sarà l'ennesimo cambio di nome per le tasse che gravano sul mattone. Sigla diversa, stessi salassi. Per eventuali tagli alle imposte più odiate dagli italiani non resterà che aspettare tempi migliori, tanto che associazioni come Confedilizia si stanno battendo per l'invarianza di gettito. Cioè per evitare un ulteriore stangata (la terza ondata di aumenti di imposte sulla casa dopo quelle di Monti e di Letta). Ipotesi per nulla scontata visto che ieri, proprio Confedilizia, grande sponsor della Local tax, ha cambiato idea e ha chiesto al governo di fermarsi.

«Se la Local tax si limiterà solo a rendere più facilmente pagabile lo stesso gravame impositivo, è forse meglio passare oltre», ha spiegato il presidente Corrado Sforza Fogliani. «Gli italiani, per passare da un incubo alla speranza, hanno bisogno di un alleviamento, non di una conferma sia pure indiretta dell'attuale peso di imposte sulle loro case».

La prospettiva è invece quella di fare passare in un' «unica» soluzione 26 miliardi di euro direttamente nelle casse dei Comuni italiani, ha calcolato ieri la Cgia di Mestre.

Sono quelli di Imu e Tasi (21,1 miliardi di euro), dell'addizionale comunale Irpef (4,1 miliardi di euro), dell'imposta sulla pubblicità (426 milioni di euro), della tassa sull'occupazione degli spazi e aree pubbliche (218 milioni di euro), dell'imposta di soggiorno (105 milioni di euro) e dell'imposta di scopo (14 milioni di euro). Cambieranno nome, ma le cifre resteranno quelle. Sempre che non aumentino.

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