Troppo e troppo poco. La cronaca giudiziaria, che non finisce mai di stupire, ci porta in regalo una clamoroso aggiornamento nella tragedia di Denise. Con dieci anni secchi di ritardo scopriamo ora che in un'intercettazione dell'11 ottobre 2004, un mese dopo la scomparsa della bambina, la sorellastra Jessica diceve alla sorellina: «'A mamma l'ha uccisa a Denise». Una rivelazione sconvolgente e che però profuma di archeologia perchè il tempo, troppo, è passato fra inchieste, presunte svolte sempre annunciate e mai realizzate, sospetti e assoluzioni.
Contemporaneamente un nastro, uscito dal ventre di Mafia capitale, atterra sulle prime pagine dei quotidiani consegnandoci un ritratto di Alemanno in versione gangster. Luca Odevaine, ex vicecapo di gabinetto del sindaco Walter Veltroni, si sbottona con due presunti complici: «Alemanno ha fatto quattro viaggi, lui e il figlio, con le valigie piene de'soldi in Argentina». E nessuno lo avrebbe controllato perchè Alemanno sarebbe passato «al varco riservato». Uno scoop ma forse una balla, di certo una notizia verosimile, di quelle che in questi giorni fanno pendant con le informazioni a getto continuo sulla corruzione senza fine nella città eterna. Insomma, il lettore non ha gli strumenti adeguati per capire di che cosa si tratti e per la stessa procura di Roma la storia sembra finire lì: «Non ci sono riscontri di trasferimenti di soldi da parte di Gianni Alemanno all'estero». Fra l'altro, in assenza di controprove che per ora latitano, dovrebbe soccorrere la logica. Perchè mai il sindaco di Roma, non proprio uno sprovveduto, avrebbe dovuto scegliere una strada così pacchiana e rischiosa per portare fuori i propri capitali? Sarebbe bastato far girare i soldi da un conto all'altro, magari attraverso il classico schermo di una società compiacente, e farli sparire lontano. In una destinazione esotica da raggiungere con un gioco di prestigio.
No, qualcosa non torna. Ma non tornano nemmeno le logiche della magistratura italiana. E' evidente che c'è un problema, fra il freno e l'acceleratore, nella produzione e distribuzione alla stampa dei colloqui carpiti dalle cimici. In un caso si perde per strada una frase forse decisiva che avrebbe potuto dare una direzione precisa, come una bussola, ad un'indagine difficile. E forse ci saremmo risparmiati la giostra delle ipotesi sul corpicino di una bambina di cui non sappiamo più nulla. Dall'altra parte si brucia gratuitamente sulla pira della pubblica indignazione ciò che resta della reputazione di Alemanno. E si fa anche un danno ad un'inchiesta fin qui equilibrata e corretta. L'ex primo cittadino pare essere al centro di una ragnatela affaristico-mafiosa che gli toglie ogni credibilità politica. Ma se fosse vero l'episodio, la musica cambierebbe ancora. E invece l'eccesso porta a generalizzare in una chiave qualunquistica, quella del mantra sono tutti delinquenti, fino a confondere mescolando tutto e tutti.
Ci sono indagini che viaggiano ad alta velocità e altre che languono in una specie di palude. Ci sono frasi decisive ascoltate dagli investigatori e poi dimenticate sciaguratamente per anni.
Altre pescate all'ingrosso e immesse di corsa nel circuito dell'informazione. Prima di una qualunque verifica. Due velocità. Troppo e troppo poco. Ci vorrebbe una norma chiara. Ma dopo tanti anni abbiamo solo le chiacchiere.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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