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Draghi fa sponda con il Quirinale. E rimbalza Conte sulla Giustizia: nessuna modifica

Il fastidio di questi giorni per l'ennesima minaccia di un pantano parlamentare sulla riforma della Giustizia è stato tale e tanto che nelle ultime ore Mario Draghi ha deciso di renderne informalmente partecipe anche il Quirinale

Draghi fa sponda con il Quirinale. E rimbalza Conte sulla Giustizia: nessuna modifica

Il fastidio di questi giorni per l'ennesima minaccia di un pantano parlamentare sulla riforma della Giustizia è stato tale e tanto che nelle ultime ore Mario Draghi ha deciso di renderne informalmente partecipe anche il Quirinale. D'altra parte, se Giuseppe Conte - con la sponda di Enrico Letta - avesse davvero deciso di tirare dritto e continuare a chiedere modifiche sostanziali agli emendamenti licenziati dal Consiglio dei ministri, si sarebbe andati incontro a uno scenario ad alto rischio.

Il premier, infatti, sul punto ha fatto sapere di non voler arretrare di un passo. Intanto per non creare un precedente pericoloso, rimettendo mano a un'intesa che - seppure sofferta - ha avuto il via libera del Cdm solo dieci giorni fa. E poi per non dare un segnale di debolezza all'Europa, che considera la riforma Cartabia uno dei punti qualificanti del nostro Pnrr e che non avrebbe compreso uno stop improvviso. Riaprire il vaso di Pandora - con ritocchi «in prima o anche in seconda lettura», come ipotizzato da Letta due giorni fa - significa con ogni evidenza infilarsi in un pantano parlamentare. Non su una legge di secondaria importanza, ma su quello che è uno dei provvedimenti chiave di un governo che è nato proprio con il mandato di portare a termine il piano di riforme necessarie per ottenere da Bruxelles i fondi del Recovery. Finché Draghi è a Palazzo Chigi, dunque, non è pensabile immaginare che la riforma della Giustizia possa incagliarsi.

Tutte riflessioni che l'ex numero uno della Bce aveva già fatto con i ministri del M5s nella lunga riunione che aveva preceduto il Consiglio dei ministri di due settimane fa. Ma che, almeno così pare, avrebbero fatto breccia solo ieri, quando Conte si è presentato a Palazzo Chigi per l'atteso faccia a faccia con Draghi. Un incontro che in molti si attendevano piuttosto movimentato e che si è invece concluso in poco più di quaranta minuti - convenevoli compresi - senza alcuna fibrillazione. Anzi, l'autoproclamato avvocato del popolo ha messo subito le mani avanti. E ha spiegato al premier che i toni bellicosi degli ultimi giorni erano un modo per compattare militanti e gruppi parlamentari grillini in un momento che per il Movimento è stato delicatissimo.

Insomma, solo tattica. D'altra parte, non è certo la prima volta che Conte passa magicamente dal bianco al nero, dallo yin allo yang della politica. E come si è morbidamente convertito dalle ragioni della Lega a quelle del Pd, non stupisce troppo la frenata sulle annunciate barricate alla riforma Cartabia. Sempre, ovviamente, che non ci ripensi nei prossimi giorni.

Uscendo da Palazzo Chigi, il leader di fatto del M5s spiega che il suo è «un approccio costruttivo» e che ha assicurato al premier «il contributo e l'atteggiamento positivo del Movimento». Insomma, nessuna dichiarazione di guerra. Anzi, Conte si limita a rimettersi alla «dialettica parlamentare». Il che, tradotto, significa portare a casa alcune piccole e mirate modifiche. Niente che cambi l'impianto della prescrizione o che rimetta in discussione i capisaldi della riforma, legittimando richieste anche dagli altri partiti che compongono la maggioranza.

Quello che avrebbe in mente Draghi è un emendamento con alcuni aggiustamenti tecnici, concordato preventivamente con il Guardasigilli Marta Cartabia.

Che poi è esattamente quanto il premier aveva già promesso ai ministri del M5s nella lunga e accesa riunione che aveva preceduto il Consiglio dei ministri che aveva dato il via libera alla riforma.

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