Dubbi di Renzi sulle urne e melina della Consulta. Le elezioni si allontanano

I giudici in accordo col Colle potrebbero dare il verdetto dopo il 24. E l'ex premier ora frena

Dubbi di Renzi sulle urne e melina della Consulta. Le elezioni si allontanano

Troppe incognite pesano sull'idea di Matteo Renzi di andare al voto in primavera, con il Mattarellum. Dalla sua parte c'è solo il leader leghista Matteo Salvini e con i suoi voti al Senato si rischierebbe grosso. Mentre Beppe Grillo, al di là degli annunci sul web, cerca una legge elettorale che non penalizzi il M5S, come quella che prende il nome dal capo dello Stato. Lui e Silvio Berlusconi preferirebbero tornare al sistema proporzionale, ma al leader Cinque Stelle andrebbe bene anche mantenere l'Italicum, con le correzioni che la Consulta detterà il 24 gennaio.

Solo che gli ultimi rumors ipotizzano che quel giorno non si avrà alcuna certezza. Sono diversi i profili d'incostituzionalità segnalati da più tribunali e i giudici costituzionali, in accordo con il Quirinale, potrebbero prendersi più tempo del previsto.

Sembra che l'ex premier non sia più così convinto di andare alle urne con tanta fretta. Si è parlato di un blitz per fine aprile, anche se giugno appare l'obiettivo più concreto, ma Renzi potrebbe ripensarci. Certo, non lasciando passare troppi mesi sfrutterebbe la debolezza del M5S, scosso da scandali e divisioni interne, dopo le continue cadute del sindaco di Roma Virginia Raggi e le inchieste da Palermo a Bologna sulle firme false nelle liste elettorali, che hanno portato all'opportunistico codice etico capace di far perdere consensi. E il leader dem comunque sta sondando la disponibilità di Fi, rinunciando al Mattarellum in cambio del voto anticipato. Si parla di un modello misto alla greca, con una soglia di sbarramento alta, 5% alla Camera e 8 al Senato e un premio di maggioranza del 10% per la prima lista o la prima coalizione. Fattori che spingerebbero tra le braccia del Cavaliere FdI e Lega, per l'interesse a creare una coalizione. Ambasciatori dem e azzurri starebbero facendo le prove delle trattative, in attesa della riapertura del Parlamento di domani. Si discute anche della proposta del deputato siciliano Giuseppe Lauricella: l'Italicum sarebbe esteso al Senato, con un premio di maggioranza al 55% per il partito o la lista che ottenesse il 40% dei voti nelle due Camere. Ma, nel caso probabile che nessuna forza politica raggiungesse l'alta percentuale, invece del premio di maggioranza una suddivisione dei seggi su base proporzionale. Anche il Pd, a forte vocazione maggioritaria, non potrebbe governare da solo (salvo eclatanti sorprese) e dovrebbe cercare alleati. Lo chiamano Lauricellum, ultimo modello della serie latina. Il dem Stefano Pedica ripete che bisogna aprire subito «un tavolo di confronto bipartisan».

Berlusconi si farà convincere? L'impresa è difficile, perché il leader azzurro punta sulla sua riabilitazione. Spera che la Corte di Strasburgo accolga il ricorso contro la condanna per frode fiscale e gli consenta di candidarsi a testa alta nel 2018. È anche vero, però, che con il Mattarellum Fi rischierebbe di diventare vassalla della Lega, mentre il proporzionale ne farebbe l'arbitro di ogni maggioranza. Stefano Parisi, riavvicinandosi al leader, rilancia la legge alla «tedesca», proporzionale e sfiducia costruttiva.

Le resistenze di Berlusconi si saldano con quelle della minoranza Pd: bersaniani e anche franceschiniani remano contro il voto anticipato e un neo Patto del Nazareno. Renzi i nemici ce li ha anche in casa e deve barcamenarsi con l'alleato Ncd Angelino Alfano, contrario al Mattarellum per quella invalicabile soglia del 4%.

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