La dura legge dei fedifraghi: è reato fingere di esser single

Confermata la condanna a un uomo che aveva conquistato una donna dicendo di essere divorziato

La dura legge dei fedifraghi: è reato fingere di esser single

La Corte di Cassazione torna a bacchettare con vigore il maschio italico che, pur di intrattenere una relazione sentimentale, non si fa mancare nulla del repertorio della più classica delle commedie italiane.

E non stiamo parlando del classico palestrato, depilato, tatuato e dalle caratteristiche morfologiche delle spiagge italiane, ma dell'uomo incapace di relazionarsi al genere femminile. Di colui che giocando con i sentimenti altrui diventa, a furia di bugie e trucchetti di basso profilo, un miserabile da condannare anche penalmente.

La storia esaminata dagli Ermellini con la sentenza n. 34800 del 10 agosto 2016 è semplice ma non certo un caso isolato, per quanto sia grottesca.

Un uomo, regolarmente sposato, si innamora di un'altra donna facendole credere di avere intenzioni matrimoniali. La poveretta, ignara della reale situazione dell'amato, progetta il matrimonio, iniziando una convivenza e, dopo la frequentazione di un corso prematrimoniale, rimane incinta di un figlio. Il rapporto si interrompe quando, insospettita dai continui rinvii del grande evento, scopre che il compagno non solo e non soltanto non si era separato dalla prima moglie, ma questa aspettava pure un figlio.

Inizia così una battaglia legale fatta a colpi di procedimenti penali che hanno portato alla definitiva condanna del mistificatore che, dopo i primi sospetti della fidanzata e dei di lei genitori, era arrivato al punto di esibire certificati falsi che attestavano di avere ottenuto l'agognato divorzio. Ma i certificati altro non erano che dei documenti ottenuti con dei copia ed incolla creati dal computer.

Per la Suprema Corte, far credere all'amante di essere single o divorziato quando non è vero è un reato punibile penalmente e non si tratta certo di «bigamia» ma di «sostituzione della persona». Integra infatti il reato di cui all'articolo 494 del codice penale colui che negli anni si sia attribuito un falso stato libero (separato, divorziato o non legato da un matrimonio religioso) per avviare e mantenere una relazione affettiva.

E la Cassazione, in tema di danni endofamiliari, entra spesso a gamba tesa.

In plurime sentenze è stato definito reato sottrarre al partner il cellulare per spiarlo (proprio di recente la stessa Cassazione ha confermato la condanna a un uomo condannato per rapina per avere preso il cellulare della fidanzata per leggerne i messaggi) oppure utilizzare un «profilo» sui social network, con l'immagine di una persona inconsapevole, associata ad un nickname di fantasia. Come è reato, e quindi condannabile, chi si attribuisca un falso nome in modo da avviare una corrispondenza con chi non la avrebbe altrimenti concessa.

La sentenza di questo primo scampolo di agosto è esemplare perché condanna penalmente i finti celibi e tutti coloro che, per mantenere una relazione sentimentale o avere facili rapporti sessuali, non esitano ad utilizzare ogni mezzo illecito.

Il vero problema è che in questa storia, la vittima non è solo la povera sventurata ingannata dal falso stato del fidanzato.

Dietro le quinte, esiste anche la figura della moglie, altrettanto ingannata ed ignara di quello che il marito stava combinando.

Moglie che era in attesa di un figlio.

Per lei, vittima delle vittime, si spalancheranno le porte non solo di un eventuale divorzio, quello si reale, ma anche del risarcimento di tutti i danni subiti, patrimoniali e non patrimoniali.

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