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Durissima lettera dall'Europa: "Manovra senza precedenti"

Moscovici: "Fuori dalle regole". Juncker: "Niente flessibilità". Fuoco amico contro la Lega pure dall'Austria "sovranista"

Durissima lettera dall'Europa: "Manovra senza precedenti"

La lettera all'Italia con il primo giudizio ufficiale della Commissione europea sulla manovra è arrivata, recapitata dal commissario agli affari economici Pierre Moscovici, postino improvvisato di notizie poco buone per il governo. Mentre il clima interno all'esecutivo si surriscaldava sulla pace fiscale, tra il ministero dell'Economia e le cancellerie europee ieri è emerso l'isolamento dell'Italia. La lettera, con toni più duri del previsto. Poi la presa di distanze dal governo di Roma da parte del cancelliere austriaco Sebastian Kurz. «Non abbiamo comprensione per la proposta di bilancio che l'Italia ha inviato a Bruxelles, non pagheremo certamente le promesse elettorali e populiste degli altri. Ci aspettiamo quindi che il governo italiano rispetti le norme vigenti, i criteri di Maastricht valgono per tutti». Durissimo. Sgradevole soprattutto per il leader leghista Matteo Salvini, visto che il giovane capo del governo di Vienna è uno degli esponenti del Partito popolare europeo considerati più vicini ai nuovi partiti populisti. Un alleato prezioso in meno.

Paradossalmente meno drastico il socialista Moscovici, che ieri ha incontrato il ministro dell'Economia Giovanni Tria e poi anche il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. «Non voglio fare il poliziotto cattivo, non ho un piano B, solo un piano A, restare insieme nella zona euro», ha premesso durante una conferenza stampa tenuta al ministero dell'Economia. «L'Italia ha diritto a scegliere delle sue politiche la Commissione non interferirà», ha aggiunto.

Poi l'affondo, che anticipa i contenuti della lettera: mai un caso simile di scostamento saldo strutturale. Gli Stati europei «sono preoccupati». Le cifre le ha spiegate in un'intervista a La7. «La vostra manovra non è conforme alle regole. Se prendo il bilancio previsto prima del cambio di governo, che io rispetto, il deficit per il 2019 era lo 0,8% del Pil, ora siamo al 2,4%, tre volte tanto».

La lettera è l'ufficializzazione del primo passo che potrebbe portare a una procedura di infrazione per l'Italia. Nel documento indirizzato al ministro dell'Economia, Giovanni Tria, si imputa al governo una «deviazione senza precedenti nella storia del Patto di Stabilità e Crescita». Il documento di bilancio contiene una «evidente e significativa deviazione» dalla raccomandazioni adottate dal Consiglio ai sensi del Patto di stabilità e crescita per il 2019, cosa, questa, che «è fonte di una seria preoccupazione per l'Unione europea».

Nel merito, «sia il fatto che venga previsto un'espansione di bilancio prossima all'1% del Pil» sia «l'entità della deviazione (un gap intorno all'1,5% del Pil) non hanno precedenti nella storia del Patto di Stabilità». Impossibile centrare gli obiettivi di riduzione del debito.

Al Consiglio europeo finito ieri la Commissione ha ricevuto un mandato dai Paesi Ue ad applicare senza sconti le regole. Il presidente dell'esecutivo Jean Claude Juncker li ha rassicurati: «Non è nostra intenzione procedere in questo senso», cioè concedere più flessibilità all'Italia.

Il premier Conte ha assicurato che tratterà lui con la commissione. Nessuna modifica, ha ribadito il vicepremier Matteo Salvini. «Un Paese come l'Italia, seconda manifatturiera in Europa, non può accettare ultimatum», ha aggiunto il vicepremier Luigi Di Maio. Ora «si apre il dialogo», ha assicurato il ministro Tria.

Ma d'ora in poi la partita sarà ancora maggiormente che in passato più politica che tecnica.

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