Coronavirus

E i governi europei giurarono: siamo pronti all'emergenza

Un mese prima dello scoppio della crisi gli Stati membri risposero a Bruxelles: "Tutto sotto controllo"

E i governi europei giurarono: siamo pronti all'emergenza

«Pronti ad affrontare l'emergenza epidemia in Europa». «Tutti pronti», la risposta dei Paesi membri dell'Ue. Ma non è stato così. E il risultato è sotto gli occhi di tutti: oltre 115mila contagiati in Italia e Spagna, 80mila in Germania, 58mila in Francia. I Paesi europei hanno sottovalutato l'emergenza, affermando di essere pronti ad affrontarla. A scoprirlo è stata l'agenzia di stampa Reuters, che ha consultato documenti interni e pubblici a Bruxelles. Circa un mese prima che partisse la caccia alle attrezzature (mascherine, respiratori e kit per i test) i governi europei avevano assicurato l'Ue che i loro sistemi sanitari erano pronti e che non era necessario ordinare altri dispositivi medici. Valutazioni ottimistiche, come ha dimostrato la penuria di equipaggiamenti solo qualche settimana dopo, quando la Commissione Ue ha stimato che gli Stati membri avevano una necessità dieci volte superiore di dispositivi medici. Certo, la repentina diffusione del virus ha visto aumentare vertiginosamente la domanda mondiale, ma resta il fatto che la lenta reazione dei governi ha aggravato la situazione.

«Le cose sono sotto controllo», aveva detto un funzionario della Commissione Ue durante un incontro con i diplomatici degli Stati membri lo scorso 5 febbraio, due settimane dopo che Pechino aveva ordinato il lockdown nella provincia di Hubei. «Negli Stati membri c'è un alto livello di preparazione, buona parte di questi hanno già misure pronte», ha affermato il funzionario, riportando i commenti dei rappresentanti nazionali, secondo il verbale dell'incontro visto dalla Reuters. E questo è accaduto solo due settimane prima che ci fossero le prime vittime di coronavirus in Italia, con il bilancio che ora ha raggiunto i 13.915 morti, il quadruplo della Cina.

L'agenzia Reuters ha domandato a un portavoce della Commissione Ue se ci sia stata un'eccessiva lentezza nella reazione europea e la laconica risposta è stata: «La Commissione ha offerto la possibilità di sostegno agli Stati membri a partire da gennaio». Il premier Conte ha deliberato l'emergenza sanitaria il 31 gennaio, proprio nel giorno in cui i delegati dei ministeri della Sanità nazionali hanno assicurato a Bruxelles di non aver bisogno di aiuto per ottenere dispositivi medici. La realtà invece è ben diversa. In Italia, il personale sanitario per settimane non ha avuto a disposizione neppure le mascherine, che oggi sono ancora insufficienti. I governi nazionali hanno assicurato a Bruxelles che erano in grado di gestire i pazienti affetti da Covid-19, anche se l'Italia ha chiesto al personale medico di indossare le mascherine protettive in presenza di casi sospetti solo dal 24 febbraio. E così circa 10mila operatori sanitari sono rimasti contagiati.

«A oggi nessun paese ha richiesto sostegno per adottare contromisure addizionali», si legge nel verbale della Ue, con solo quattro stati che avevano segnalato di poter aver bisogno di sistemi protettivi nel caso la situazione in Europa fosse peggiorata. Ora, gli Stati Ue sono alle prese con le carenze di kit e altri dispositivi. A metà febbraio i rischi di una possibile incapacità dei sistemi sanitari erano stati considerati «lievi o moderati» da parte del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie.

Un mese dopo, la valutazione è stata aggiornata: entro metà aprile nessun Paese avrà abbastanza posti letto in terapia intensiva.

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