L' Istat certifica che la crescita di quest'anno sarà più lenta di quella prevista dal governo: il Pil aumenterà dello 0,7 per cento contro lo 0,9 stimato.Previsione abbastanza scontata, visto l'andamento dell'inflazione (0,1 contro lo 0,3%); e visto, soprattutto, la dinamica rallentata degli investimenti.Il ministro dell'Economia mette le mani avanti. A Via XX Settembre continuano a confermare la stima di crescita dello 0,9% per quest'anno. «Ma seppure si dovesse distaccare - dice Pier Carlo Padoan - gli effetti sulla finanza pubblica sarebbero trascurabili. In effetti, un peggioramento del Pil dello 0,2, (in virtù del rapporto d'elasticità del deficit al Pil) comporterebbe un appesantimento del deficit dello 0,1. Vale a dire, raggiungerebbe quota 2,7 per cento: lo stesso dello scorso anno.
Il problema è che sul rispetto di quel numero magico scritto in tutti i documenti di finanza pubblica (0,9%) Renzi ha iniziato a non crederci dal giorno in cui l'Istat ha diffuso i dati sull'inflazione.Durante la presentazione del libro di Vespa, il presidente del Consiglio rivelò un siparietto con il proprio ministro dell'Economia. «Tieni duro sullo 0,9», gli avrebbe scritto in un sms rivelato da Matteo Renzi. Il presidente del Consiglio, però, annusando l'aria disse: scommetto sulla crescita allo 0,8%.Ora riconosce che «alcune previsioni segnano un potenziale rallentamento della ripresa». Il premier ne attribuisce la responsabilità «agli eventi di Parigi e la crisi dei Paesi emergenti». Ma «dopo tre anni di recessione - osserva - siamo ripartiti. La velocità di crescita dipenderà dai consumi interni e dagli investimenti».
In realtà, per arrivare a una crescita dello 0,7 (anziché dello 0,9) l'Istat ha calcolato che crescita del Pil del terzo trimestre è stata dello 0,2%. Per terzo trimestre si intende l'andamento dell'economia di luglio, agosto e settembre. L'attentato terroristico di Parigi c'è stato in novembre.Per quanto riguarda i consumi interni, l'Istituto centrale di statistica dice che vanno abbastanza bene (come dimostrano i dati delle importazioni), mentre quel che manca alla crescita sono gli investimenti. Quelli pubblici frenati dal controllo della spesa. Quelli privati, rallentati dalla burocrazia e dall'incertezza del quadro economico.In più, quello 0,2% fotografato nel terzo trimestre è il frutto «di un intervallo di confidenza compreso fra 0 e 0,4». Va ricordato, però, che già quest'estate l'Istituto centrale di statistica corresse una sua previsione negativa per il governo in un'altra più positiva (erano i dati del secondo trimestre). E il dato definitivo sul Pil di quest'anno si conoscerà soltanto il 1° marzo prossimo. Insieme a quello del deficit.E solo a quel punto si saprà se l'Italia rispetterà o meno il tetto del 3%. Al ministero dell'Economia qualche dubbio inizia a serpeggiare.
Così, anche complice il Ponte dell'Immacolata, hanno chiuso ieri i conti del 2015. Per prassi, i conti dell'anno in corso venivano chiusi a ridosso del 15 dicembre. Da un paio di anni, però, vengono sigillati intorno al 9-10 dicembre. Ora li hanno congelati al 5 dicembre.Vale a dire che d'ora in avanti dal ministero dell'Economia non uscirà nemmeno un centesimo che non sia stato in precedenza autorizzato.
Una probabile nuova finestra di spesa si potrebbe aprire fra Natale e Capodanno. Ma solo per spese che vengono chieste esplicitamente dalla presidenza del Consiglio; e anche in tal caso, c'è il rischio che la Ragioneria opponga un rifiuto.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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