Come un'onda che prende forza a mano a mano che avanza, così il vigore delle proteste innescate dall'omicidio di George Floyd da parte della polizia di Minneapolis si ingrossa e coinvolge sempre più aspetti delle società americana e inglese. La storia coloniale di questi due Paesi fa da cassa da risonanza al grido di protesta del Black Lives Matter. Anche ieri si è assistito a un flusso di statue sfregiate e rimosse, toponimi da cambiare, risolute prese di posizione di grandi multinazionali angloamericane attente a lustrare la loro immagine, finanche proclami per rendere la tecnologia meno razzista.
Negli Stati Uniti sono due le statue di Colombo decapitate, una a Boston l'altra a Richmond. A Londra subito dopo che il sindaco Sadiq Khan aveva annunciato martedì di voler istituire una commissione per valutare quali statue rimuovere e quali nomi di strade cambiare, il Canal and River Trust rimuove la statua di Robert Milligan, uomo d'affari, proprietario terriero e schiavista scozzese vissuto nella seconda metà del 1700. Si trovava al di fuori del Museum of London Docklands che celebra la storia navale e commerciale della capitale inglese, con una sezione dedicata alle piantagioni di zucchero e alla tratta degli schiavi. La HBO annuncia che ritira dal proprio servizio streaming Via col vento, «un prodotto del suo tempo» che «rappresentava pregiudizi etnici e razziali sbagliati allora cosi come oggi». La scelta è temporanea, sarà valutata la futura riammissione nel consesso dei film civili, previa contestualizzazione degli eventi raccontati. A Edimburgo si annuncia che alla statua di Henry Dundas, politico scozzese del 18esimo secolo, sarà aggiunta una targa in cui si ricorderanno i suoi legami con la schiavitù. Anche Cardiff dice di voler riconsiderare la presenza di alcune statue cittadine. A Liverpool l'università decide di cambiare il nome di uno degli edifici del campus, intitolato al quattro volte primo ministro inglese Gladstone, vissuto nell''800, favorevole alla schiavitù: «Condividiamo la vergogna che la nostra città prova perché la nostra prosperità si basa in modo significativo su un'economia schiavista» ha dichiarato un portavoce dell'ateneo. Dall'altra parte dell'oceano, il gigante tecnologico IBM annuncia che vuole rivedere i programmi di collaborazioni con società che sviluppano software di riconoscimento facciale, perché basati su parametrizzazioni potenzialmente razziste. L'amministratore delegato di CrossFit, multinazionale statunitense del fitness, si dimette perché dopo un paio di tweet in cui mischia la morte di Floyd e la pandemia (il primo è: It's Floyd-19) viene travolto dalle critiche, perde la collaborazione di Reebok e di altri marchi e vede una rivolta di molte delle palestre associate.
È una lunga teoria di prese di posizione, una corsa a distinguersi come i più puri adepti di questa ondata di sdegno e rabbia e protesta. Che se parte da considerazioni fattuali, sociali e storiche innegabili, rischia tuttavia di perdere forza e legittimità con prese di posizioni velate di integralismo. Rossella O'Hara razzista? Le statue da gettarsi nei canali? Il loro posto non dovrebbe essere in un museo, in cui si raccontano ma non si nascondono i fatti del passato? Pensa così il sindaco di Bristol, che dopo aver difeso la rabbia dei manifestanti ha annunciato che ripescherà la statua di Colston per esporla. La storia non si piò cambiare, forse è meglio studiarla senza la pretesa di riscriverla.
Sull'Atlantic è intervenuto anche l'ex direttore della Cia David Petraeus, il generale che ha sconfitto il terrorismo jihadista nella seconda guerra del golfo: la più grande base dell'esercito americano è Fort Bragg, prende il nome da un generale sudista. Era un traditore che ha servito una causa sbagliata, dice Petraues, cancelliamone il nome. E inviata l'esercito a farsi promotore di un vero cambiamento sociale.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.