di Giuseppe Marino
I n fondo è il solito vecchio scontro: retorica contro cruda realtà. L'affondo anti-fake news di Facebook, e ora di Twitter, segna la fine dell'era pionieristica di internet e dei pomposi proclami sulla Rete come culla della libertà. Ora che il web conta davvero nelle nostre vite si torna al solito vecchio problema: va regolamentato o aperta a tutto e tutti? Sullo sfondo c'è il profitto: con la Rete si fanno soldi veri, e se la censura è ingiustificata, impedire alla fabbrica delle balle di lucrare sulla credulità popolare non è censura. La crociata contro le fake news e la cosidetta «post verità» lanciata da chi vuole solo silenziare i populisti, ha smosso i padroni dei social network soprattutto perché questi hanno capito che avere contenuti più qualificati e togliere ricavi ai ballisti conviene. Twitter ha annunciato tre novità.
La prima, sacrosanta, è che cercherà di bloccare l'apertura di nuovi account a chi è stato messo al bando per aver creato identità fasulle, tipo il Mario Rossi che si presenta come Sergio Mattarella. E fin qui non si discute. La seconda direttiva prevede l'introduzione di uno strumento di ricerca «sicuro», che funzionerà un po' come quei filtri usati per proteggere i bambini da contenuti «potenzialmente sensibili». Almeno Twitter riconosce che non siamo tutti bambini e ci dà la possibilità di usare anche la vecchia ricerca «non sicura». Terza mossa: dare meno spazio ai contenuti «abusivi e di bassa qualità». E qui sconfiniamo nel più scivoloso terreno delle fake news, un ambito assai pericoloso dal punto di vista democratico. Si sa che i big della Silicon Valley appoggiano i Democratici Usa. Cosa succederebbe se Trump, accusato dai suoi detrattori di diffondere «post verità», venisse oscurato da Twitter o Facebook? Può un'azienda privata decidere cosa può o non può dire il presidente degli Stati Uniti?
Ma quest'ultima direttiva di Twitter va oltre, perché parla anche di «bassa qualità» dei post, varcando una frontiera ulteriore. L'auspicata libertà del web ha dato la stura ai bassi istinti dei troll, i maniaci che da dietro la tastiera si divertono a inondare gli altri di insulti, bugie, false notizie, minacce. Ma anche, più semplicemente a chi non ha nulla di interessante da dire. Negli anni Novanta Radio Radicale aprì spavaldamente i propri microfoni a chiunque volesse lasciare un breve messaggio. Per giorni la radio trasmise un palinsesto di insulti razziali, rivalità nord-sud, sconcezze, umorismo da scolari. Un ascolto ipnotico, un canto delle sirene trash che disgustava ma catturava irresistibilmente. Quell'esperimento su internet è la regola. Ed è significativo che Imdb, ottimo database di informazioni cinematografiche che esiste da prima del web, abbia deciso di dire basta: il sito chiuderà la sua bacheca, perché i commenti «non apportano un'esperienza utile e positiva al nostro pubblico mondiale». Troppi incompetenti, troppi che parlano di un film senza manco averlo visto. Proprio come succede nella realtà.
Il futuro equilibrio tra chi produce i contenuti e gli utenti è ancora tutto da scrivere, ma è un segnale potente: l'autore si è alzato e ha urlato al pubblico (non pagante) di tacere e ascoltare. O di accomodarsi alla porta.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.