A questo punto Mario Draghi andrebbe bene per qualsiasi carica istituzionale. Anche presidente onorario del Coni. Quindi perché non al Quirinale, visto che fin dal suo primo giorno a Palazzo Chigi sono stati in molti a vederlo come «in prestito» prima del grande salto al Colle? La sua battuta di ieri («Al Quirinale? Perché no?») ha riacceso il dibattito interno al centrodestra. Una coalizione, questa, che se non può mettersi d'accordo su green pass e legge di bilancio (spaccata com'è tra maggioranza e opposizione) può, anzi deve, trovare una sola voce per il futuro. Che in buona sostanza inizierà con la campagna elettorale per le prossime politiche. Con Draghi al Quirinale, però, la campagna elettorale praticamente inizierebbe subito dopo il suo insediamento. È quanto vaticinava solo pochi giorni fa il ministro dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti, spiegando che quello che l'ex governatore della Bce guida non è un vero e proprio «governo di unità nazionale» bensì un «governo Draghi» tout court. E il suo lasciarne la guida renderebbe impossibile qualsiasi altra soluzione che non sia il ritorno alle urne. La stessa Meloni ancora due giorni fa ripeteva sconsolata: «Mi pare che non siano in molti che stiano lavorando all'ipotesi di Draghi al Quirinale». Aggiungendo ironica: «Tornare al voto se Draghi diventerà presidente della Repubblica? Penso che sia uno degli elementi che potrebbero convincermi a sostenerlo al Quirinale».
L'obiettivo del centrodestra, però, è muoversi compatto per la scelta del candidato da supportare per l'elezione del nuovo presidente della Repubblica. E un «candidato naturale» c'è già. È Silvio Berlusconi. Ad affermarlo non sono i dirigenti e i volti più noti della pattuglia parlamentare di Forza Italia ma il leader del Carroccio. «Sulla carta, noi il candidato al Quirinale l'abbiamo già - spiega Salvini nel corso di un'intervista al Corriere della Sera - Ho sentito Silvio Berlusconi questa mattina e l'ho sentito in grande forma». Affermazione che fa il paio con la ritrovata armonia tra lo stesso leader azzurro e Giorgia Meloni, dopo l'incontro in Sardegna.
Tra gli azzurri regna ancora la prudenza. Per Forza Italia Berlusconi resta il candidato più credibile ma, fanno sapere in molti, è troppo presto per parlarne. Prendendo alla lettera la consegna dello stesso leader che aveva definito irrispettoso nei confronti del presidente Mattarella parlare con troppa insistenza dell'identikit del suo successore. Quello che di sicuro tutti vogliono evitare è l'impasse che nel 2013 ha condotto alla rielezione di Napolitano. Un bis di Mattarella per il momento fa gola a chi crede nella capacità di Draghi di mettere in piedi le robuste basi di resilienza che occorrono al nostro Paese per affrontare le sfide e le tempeste dei prossimi anni. La netta opposizione di Mattarella per una sua rielezione assottiglia, per il momento, questa pattuglia «draghiana» ma non la cancella.
Tra i sostenitori della prima ora della candidatura di Berlusconi al Quirinale c'è, infine, Gianfranco Rotondi. «La sua elezione - spiega il leader di Verde è popolare - aiuterebbe il Paese a chiudere la stagione divisiva della seconda Repubblica».
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