E il Senato diventa ostaggio della manovra fantasma

L'arrivo del testo slitta. Conte: «Spero voto oggi, siamo in zona Cesarini». L'opposizione: «Zero democrazia»

E il Senato diventa ostaggio della manovra fantasma

I l 21 dicembre verrà ricordata come la pagina più buia della storia parlamentare di questa Repubblica. Ne sono convinti molti dei senatori che ieri si sono fatti venire il sangue amaro alla notizia che il maxiemendamento restava un fantasma. Almeno per l'aula di Palazzo Madama. Urla, imprecazioni, pianti. Per l'intera giornata. A partire dall'ormai celebre intervento di Emma Bonino della notte precedente. Un intervento duro e impietoso contro una deriva, parole della militante radicale, che svuota del tutto l'istituzione della sua funzione. Urla e strepiti che sono proseguiti lungo tutta la mattinata quando ancora il maxiemendamento restava un'ipotesi, anzi un dubbio amletico: aula o commissione? Già in tanti storcevano la bocca per l'annuncio che il governo avrebbe posto la fiducia. Anche molti senatori cinquestelle mostravano evidente imbarazzo. «Passi per la manovra - sbotta Elena Fattori, già in odore di eresia e quindi di espulsione dal Movimento - ma non possiamo votare sempre con la fiducia, la prossima volta dirò di no se non sono convinta». Poi l'acme si è raggiunto quando la presidente del Senato, Elisabetta Aberti Casellati, ha annunciato, richiamando il governo al «rispetto per il Senato», che il testo verrà depositato solo oggi alle 14 e la discussione in aula sarà avviata due ore dopo. La decisione è stata accolta da una salva di fischi e urla. Soprattutto pensando che il voto arriverà solo a tarda notte con il premier Giuseppe Conte che commenta con una metafora calcistica: «Voteremo in zona Cesarini». «Occuperemo l'aula» ha annunciato il capogruppo Pd andrea Marcucci. E intanto un governo sempre più in confusione è costretto a rimandare la conferenza stampa del premier inizialmente programmata oggi alle 14. «L'atteggiamento della maggioranza - ha commentato la presidente dei senatori di FI, Anna Maria Bernini - è sconcio nei confronti degli italiani. Prendere in giro il Parlamento è uno sfregio agli elettori. È la loro Caporetto politica. Diteci cosa state nascondendo? Quali accordi politici al massimo ribasso avete fatto sulla pelle degli italiani?» Parole pronunciate a distanza di ore dal discorso della Bonino ma che ne ricalcano i dubbi e i timori sulla tenuta della democrazia. «Voi non avete idea di quanto sia grave - si lamentava appunto poche ore primo l'esponente radicale - passate come rulli compressori sulle istituzioni, che un giorno serviranno anche a voi. Un Parlamento ridotto quasi a una farsa non è un trofeo di cui andare orgogliosi, ma una ferita grave per tutti, per la democrazia e per il Paese». Discorso che fa subito tornare alla mente le parole di Leonardo Sciascia a proposito dell'impegno dei radicali per le istituzioni democratiche: «Voi radicali siete come una candela. Quando tutte le lampade sono accese, non solo non si vede ma è anche inutile. Però al primo cortocircuito la candela sarà indispensabile». Ecco ora sembra esserci un vero blackout, lamentano in molti. Come Andrea Marcucci, capogruppo del Pd, che ha annunciato che il suo gruppo voterà contro il nuovo calendario. Anche la sua collega di partito, Monica Cirinnà, era intervenuta per lamentare tra l'altro la situazione a dir poco surreale di una discussione su un testo che nessuno aveva visto. «Non possiamo - tuonava la senatrice - andare avanti così. Le uniche cose le abbiamo sapute dalle anticipazioni dei giornali (e non stupitevi se stamattina come tutte le mattine ho letto pure il blog di Francesco Storace), che voi volete tacitare, chiudere e silenziare». Insomma le opposizioni sono disposte anche a rinunciare al riposo domenicale. Loredana De Petris (gruppo misto), a esempio, vuole andare avanti a oltranza. «Dobbiamo - dice - vedere cosa c'è in questa manovra prima di votarla. Qui stiamo rischiando l'esercizio provvisorio». Il senatore Riccardo Nencini (Psi) si appella al Quirinale E un allarme lo lancia anche Enrico Borghi (Pd).

Sarà un disastro anche alla Camera, dice. «Hanno preparato un altro escamotage: convocare le commissioni della Camera domani mattina, confidando che, trattandosi di una domenica prenatalizia, ci sia meno attenzione da parte dell'opinione pubblica».

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