Astensionismo, faide interne, disamore del suo popolo: è lungo l'elenco dei fattori che stanno trasformando in un incubo per il centrosinistra i ballottaggi per i Comuni del Nord Italia. Lacerato al suo interno fin dalla fase della scelta dei candidati, penalizzato dalle scarse performance di alcuni suoi sindaci e persino (come a Como e Lodi) dai loro guai giudiziari, il Pd vede a portata di mano il tracollo in alcune realtà di cui mai avrebbe pensato di perdere il controllo: prima tra tutte Sesto San Giovanni, amministrata ininterrottamente dalla Liberazione da sindaci comunisti e post comunisti, e ora col sindaco uscente Monica Chittò tallonata dal rivale di centrodestra Roberto Di Stefano. A sostegno della Chittò, stasera al Rondò - ovvero piazza IV Novembre, il cuore della città - si materializzerà addirittura Walter Veltroni: una mozione degli affetti, un tentativo di richiamare al voto le decine di migliaia di sestesi rimasti a casa al primo turno; ma anche un segnale di paura, dopo l'endorsement a favore del centrodestra del «civico» Giampaolo Caponi, arrivato terzo al primo turno.
La convergenza verso il fronte moderato delle liste civiche e locali è d'altronde quasi una costante di questa tornata amministrativa, e al Nord ha condizionato fortemente il primo turno: come a Como dove Mario Landriscina, candidato del cartello di centrodestra, stacca del 5 per cento il piddino Maurizo Traglio grazie anche al voto del volontariato cattolico; o come a Monza dove il sindaco uscente di centrosinistra Roberto Scannagatti è stato appaiato al primo turno dal candidato di centrodestra Dario Allevi, che in vista del ballottaggio di domenica prossima incassa l'apparentamento con la civica centrista «Monza con Maffè», forte al primo turno di un 5,23 che ora potrebbe risultare decisivo.
Tutto può ancora accadere, soprattutto se l'appello agli astenuti perché domenica tornino alle urne sortirà risultati importanti. Ma quasi ovunque il centrosinistra è costretto a chiamare a raccolta i suoi elettori non in nome della buona amministrazione messa in campo finora, che evidentemente grandi entusiasmi non ne ha creati, ma agitando lo spauracchio della «avanzata della destra». Accade così a Lodi, dove l'arresto del sindaco piddino Simone Uggetti ha rotto un dominio che sembrava inviolabile, e il candidato di sinistra Carlo Gendarini si è fermato al primo turno al 30,6, appena tre punti davanti alla moderata Sara Casanova; o a Piacenza, dove le spaccature interne alla sinistra hanno portato alla candidatura del cattolico di area Pd Paolo Rizzi: che al primo turno si è fermato al 28,19, cinque punti dietro a Patrizia Barbieri, candidata designata del centrodestra.
Per non parlare di Verona, dove la sinistra al ballottaggio nemmeno ci è arrivata, o di Padova
dove per fermare il leghista Bitonci si è affidata ad un candidato, Sergio Giordani, che di sinistra non è mai stato: una scelta che ora il Pd cerca di raddrizzare imbarcando al ballottaggio Arturo Lorenzoni, area Pisapia.
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