Ecco l'Ue dei tagli e del rigore: pensioni da re ai suoi burocrati

Impone sacrifici all'Italia, poi concede super vitalizi ai funzionari: valgono il 70% dell'ultima busta paga

Ecco l'Ue dei tagli e del rigore: pensioni da re ai suoi burocrati

Roma - Sulle riforme – in particolare del lavoro e delle pensioni- l'Europa predica bene ma razzola male.

Se le richieste agli stati membri, a partire dall'Italia, sono sempre improntate al rigore, per i propri funzionari l'Unione europea adotta un regime che ricorda quello dell'Italia degli anni Settanta.

Prendiamo la meritocrazia. Un principio sacrosanto, al quale gli europei sembrano però preferire gli scatti di carriera automatici per tutti. I funzionari della Commissione europea percepiscono uno stipendio base che va da 2.300 a circa 16mila euro al mese, per i livelli più alti dopo quattro anni di lavoro. A fare aumentare la paga sono degli scatti di anzianità. Ma non basta. C'è anche un altro automatismo che sembra molto la vecchia scala mobile italiana. Cioè un adeguamento annuale degli stipendi «per tenere conto dell'inflazione e dell'andamento del potere d'acquisto nei paesi dell'Ue», si legge nel sito della Commissione.

Produttività? Principio giusto nella teoria, che l'Italia cerca, spesso senza successo, di imporre al lavoro privato e anche a quello pubblico. Ma non esiste nella disciplina dei funzionari Ue. I superburocrati europei rimpinguano lo stipendio base con varie indennità, che prescindono dal lavoro fatto. C'è un 16% in più di stipendio che è chiamato «indennità di dislocazione» per compensare chi ha lasciato il paese di origine. Cioè tutti gli eurofunzionari tranne i belgi. Poi assegni familiari e un'indennità scolastica per chi ha figli.

Regime ultra favorevole anche sulle pensioni. I funzionari in organico prima del 2014 hanno diritto alla pensione a 64 anni, i prossimi assunti da 66, salvo prepensionamento di lusso 58 anni, con un penalizzazione economica. La flessibilità che il Pd cerca di reintrodurre a danno della riforma Fornero, a Bruxelles è già legge. Ma è sul calcolo dell'assegno che il governo Ue razzola molto peggio rispetto ai paesi membri spendaccioni come il nostro.

La pensione è calcolata in percentuale sull'ultimo stipendio di base. Cioè vale il sistema di calcolo retributivo che da noi è stato abolito negli anni Novanta. L'assegno è pari al 70% dell'ultimo stipendio. Le nuove generazioni italiane avranno diritto, se arriveranno alla meta, a un tasso di sostituzione di poco superiore al 50%.

In Italia cumulare la contribuzione di diversi lavoro è un incubo, per i funzionari europei tutto va liscio. Un paradiso, anche fiscale, per le buste paga. Lo stipendio dei funzionari, spiega la Commissione, non è soggetto all'imposta sul reddito nazionale.

Una fortuna soprattutto

per gli italiani, che si sottraggono a una tassazione da terzo mondo. L'imposta Ue detratta dall'imponibile ha uno scaglione minimo dell'8% per cento, quello massimo al 45%. Non resta che mandare il curriculum a Bruxelles.

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